Pubblichiamo di seguito l'intervento che ci ha inviato l'amico Francesco Laricchia, Presidente della Commissione Cultura del Comune di Casamassima (BA) e animatore del gruppo culturale Rete Sud che si occupa di rivalutare la storia e le tradizioni del Sud. L'intervento prende spunto dalla comunicazione della commemorazione della Battaglia del Volturno che si svolgerà ad ottobre a Capua ma approfitta per una seria e lucida analisi sul meridionalismo del terzo millennio.
CASAMASSIMA - Chiedo venia all’amico Salemi (organizzatore della manifestazione di Capua e padre nobile del meridionalismo, ndr) se
approfitto dell’invito di Capua (che-non-si-può-rifiutare) per affrontare,
senza il buonismo d’occasione, un argomento sempre attuale per i promotori
della Storia del Sud: la presenza e partecipazione fisica ai diversi eventi. In effetti quello che, secondo
me, deve contraddistinguere chi si "iscrive" alla nostra visione del
mondo è la LEALTA'. Se ci dichiariamo, infatti, legittimisti, tradizionalisti e
tutti gli ...isti che vogliamo, evidentemente, è perchè rifiutiamo il mondo del
contrattualismo razionalista, materialista e positivista poiché si è dimostrato
fallimentare. E’ noto che con l’avvento del giacobinismo è cambiato il rapporto
fiduciario tra le persone. Se prima bastava una stretta di mano a sancire
l’inviolabilità di qualsiasi genere di decisione che solo la morte avrebbe
potuta invalidare, dopo si è passato al contratto materiale, scritto e pieno di
codicilli, dei quali si fa regolarmente beffa anche il più azzeccagarbugli di
avvocato. In questo quadro di rispetto dello spirito e, di
conseguenza, della parte immateriale ed inviolabile dell’Uomo, rispondere all'appello di Giovanni Salemi, ultimo gentiluomo e vera bandiera di quello che
definisco il “NOSTRO” mondo, non pone problemi di scelta per chi, non solo
dice, ma realmente SENTE, di essere parte di questo mondo: si deve essere
presenti! Anche solo per un saluto.
Se poi si pensa al fatto che il
“Comandante” Salemi, nonostante la non giovanissima età (e tutto il resto), si
premura di essere presente o far sentire la propria vicinanza, quando non può
fisicamente partecipare, in luoghi distanti da casa, l’impegno ideale diventa
obbligo morale la cui elusione, a rigor di principio, imporrebbe
l’autocomminazione della condanna alla gogna. E questo, purtroppo, mentre è
noto che altri soggetti, più giovani e prestanti, hanno sempre pronta una scusa
per restare comodamente in panciolle,
anche quando l’evento li tocca direttamente e/o praticamente si svolge “sotto”
casa. Certamente a tutti farebbe comodo (per motivi pratici ed economici)
scegliere di non affrontare lunghi viaggi o partecipare ad eventi ormai
arcinoti. Ma se ci compiacciamo di mostrare spillette filoborboniche quali
simboli di distinzione “sociale” e poi pratichiamo l’arte del distinguo sulla
base della nostra comodità, faremmo bene a non alzare la voce contro lo stato
risorgimentalista, perché non siamo molto differenti dai soldati che marcano
visita per non partecipare alla marcia pesante e faticosa.
Spesso, come sappiamo, la scusa
più maldestra che viene prodotta per non partecipare è quella relativa alla
“incompatibilità ambientale” di personaggi, tra loro, insopportabili. In questo
caso la toppa che si pretende di applicare è peggiore dello strappo. Perché si
antepone l’astio personalistico alla Storia che evidentemente, per tali
soggetti, è secondaria all’albagia miseranda da ominicchi. Parlando della
sindrome albagica dell’uomo qualunque, non va dimenticato il presenzialismo. La
terza malattia dell’infantilismo meridionalista che si manifesta con la
partecipazione ad un evento o quale tronfio organizzatore o quale prosopopaico
relatore. E basta! Al di fuori di queste autocompiacenti comparsate, per essi
non ne esistono altre, perché il resto del mondo è del tutto trascurabile ed
inconsistente per i portatori di questa malattia incurabile. In fin dei conti
questa vanagloria improduttiva e autoreferenziale, sotto sotto, è la madre di
tutti i mali che affondano da decenni il cosiddetto meridionalismo e che, tra
l’altro, proprio come l’influenza dei polli, si propaga senza possibilità di
arrestarla perché si diffonde per mezzo dell’…aria fritta. Il guaio è che per
curare questo male non è nato ancora lo psichiatra-messia e, peggio degli
israeliti, non sappiamo ancora se esiste o dove si trova la “nostra” terra
promessa.
Senza offesa (per carità!) per
nessuno
FRANCESCO LARICCHIA
"sedicente operaio della vigna
meridionalista"
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