NAPOLI - Alla fine il terremoto è arrivato anche in Italia. Dopo i risultati anti europeisti di Grecia e Serbia e la caduta di Sarkozy in Francia, è arrivato il giorno della resa dei conti. Dopo mesi e mesi di discussione e a distanza di 7 mesi dall’insediamento del Governo Monti è arrivato il momento delle urne. Il voto ha bocciato in maniera inequivocabile tutti i partiti che sostengono il Governo Monti. Alcuni partiti, Lega in primis, sono stati puniti dall’astensione che, seppure elevata, non è arrivata al punto da far gridare al risultato “dopato”. Pdl, Pd e Terzo Polo sono stati puniti direttamente dagli elettori che si sono recati alle urne e hanno semplicemente snobbato i partiti dell’abbecedario (A-B-C Alfano, Bersani e Casini). Vittima su tutti il Popolo delle Libertà i cui vertici hanno vissuto un vero e proprio incubo. Con un calo che definire drastico è veramente riduttivo il partito che nel 2008 si era assicurato la vittoria alle elezioni politiche e che, fino ad un anno fa, era il partito di maggioranza relativa nel Paese, si è ritrovato con percentuali a una cifra. A Verona è passato dal 25% al 5,42%. A Parma non supera il 4,7%. Ad Alessandria arriva al 14%. A Belluno e Brindisi il 9,5%. A Como il 15%. A Catanzaro all’11%. A Cuneo il 7,6%. A L’Aquila l’8,4%. A La Spezia l’11,9%. A Isernia il 15%. A Lucca il 9%. A Taranto il 6,8%. A fronte di questa apocalisse alcune affermazioni significative, come nel Caso di Lecce, Aversa, Piacenza, Gorizia, che non cancellano l’onta di un calo così vistoso. A fronte di un Pdl versione mignon un Partito Democratico in calo e schiaffeggiato in più circostanze. A Palermo il candidato del Pd, Fabrizio Ferrandelli è sonoramente sconfitto da Leoluca Orlando che a scrutinio finito non è riuscito ad evitare il ballottaggio anche se si sono palesati errori nelle procedure di conteggio che, pur vedendolo arrivare al primo posto, potrebbero rendere più ardua la strada del ballottaggio. Lo stesso Pd è fermo al 7%. A Genova il candidato vendoliano Doria non passa al primo turno, indebolito dagli ultimi anni di mala gestione targata Pd. Ad Alessandria il Pd è in calo al 17%. Ad Asti al 19%. A Trani al 5%. A Brindisi e Belluno sopra il 17%. A Catanzaro all’11%. A Como al 15%. A Cuneo all’8%. A Frosinone al 9%, dove il candidato sindaco non riesce a superare l’avversario dell’Idv che andrà al ballottaggio col candidato del centrodestra. Nonostante questo il Pd non è nella fossa come il Pdl e Bersani può cantare una mezza vittoria. Completamente sparito è il famigerato Terzo Polo (eterogeneo miscuglio di Udc, Fli, Api ed Mpa) che si è presentato in ogni dove in ogni modo possibile. A L’Aquila l’Udc e l’Mpa erano insieme e il loro candidato è andato al ballottaggio contro il sindaco uscente. A Palermo, l’Udc è andato con il Pdl. A Gorizia con Pdl e Lega. A Genova con il Fli e l’Api. A Frosinone con il Pd. A Taranto con Pd, Idv e Udeur. Tanta coerenza doveva essere premiata. E difatti gli elettori non si sono dimenticati dell’Udc e dei compagni di merende democristiani, anzi, se ne sono dimenticati proprio. Rutelli ha tentato in tutti i modi di arrampicarsi sugli specchi nel pomeriggio elettorale per giustificare il fatto che il Terzo Polo fosse ormai diventato settimo polo dietro Pd, Pdl, Movimento 5 Stelle, Idv, Lega Nord e Sinistra e Libertà. Casini, che due giorni fa aveva spinto tutti a stringersi alla corte di Monti, non si è proprio fatto vedere. Il suo segretario Cesa ha fatto come Rutelli con lo stesso risultato. La verità è che il Terzo Polo non esiste. Esiste solo l’Udc che è anche in forte perdita. Ma di fronte al tracollo delle forze di sostegno al Governo Monti, ha goduto soprattutto il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, che da Nord a Sud si è affermato con percentuali altissime. A Lecce, dove la città è andata al centro destra il candidato grillino è all’8,8%. A Cuneo è all’8,5%. A Palermo è al 5,6%. A Verona con l’8,9%. A Genova ha sfiorato il ballottaggio con il 14%. A Parma il candidato del 5 Stelle è arrivato al ballottaggio con il 19,5% dei voti. A Pistoia è al 9,92%. A Piacenza è al 9,97%. A Monza è al 9,97%. A Lucca è al 6,83%. A La Spezia al 10,53%. A Cuneo all’8,14%. A Como il 5,6%. Ad Asti il 7,94%. Ad Alessandria l’11,84%. A Belluno il 10,85%. Bassa affermazione a Lecce (2,59%), a Trani all’Aquila e a Frosinone (intorno all’1%). Ai fini pratici di una elezione amministrativa è notevole l’elezione del primo Sindaco a 5 Stelle, avvenuta a Sarego (Veneto), e notevole è il ballottaggio raggiunto a Parma e sfiorato a Genova. Più importante il dato politico e la traslazione dei numeri del Movimento 5 Stelle da uno scenario amministrativo a uno politico. E’ riuscita a sopravvivere la Lega Nord, fattore per nulla scontato visti gli ultimi scandali che hanno colpito il partito di Bossi. La Lega Nord non mantiene tutti i suoi voti e non conferma molti suoi sindaci a causa della scelta di voler correre da soli ma con la vittoria di Tosi, straordinaria a vedere i numeri, consente a Maroni e ai triumviri di tirare un sospiro di sollievo e di prepararsi con relativa calma alle elezioni politiche. Per concludere questo sguardo generale sull’andamento elettorale c’è da dire che i partiti più grandi vengono senza appello puniti, per il loro sostegno a Monti innanzitutto. Il Pdl è più morto che vivo. Il Pd vive di speranze. L’Udc ha subito un brusco risveglio. La Lega Nord spera. Il Movimento 5 stelle già tocca il Parlamento. Proprio al Parlamento sarà importante guardare nei prossimi giorni. In base ai dati usciti dalle urne delle amministrative Pdl, Pd e Udc (con Api e Fli) non riuscirebbero a confermare i loro attuali deputati. Gli unici partiti in grado di mantenere il risultato sono Idv e Lega oltre a Sel e 5 Stelle che entrerebbero in Parlamento. Questo significa che da ieri sera centinaia di deputati hanno perso il posto e sono in cerca di nuova collocazione. Il nervosismo politico aumenterà e metterà a serio rischio la tenuta del Governissimo. Da questo punto di vista Mario Monti potrebbe già cominciare a tremare. Difficilmente le forze politiche potranno continuare ad andare d’accordo come prima. E’ molto più probabile che la grande coalizione si spacchi. A quel punto ogni scenario sarebbe aperto. Quello che è certo è che la fine del Berlusconismo e di Berlusconi corrisponde in modo chiaro e palese alla morte della Seconda Repubblica. Nulla sarà più come prima.
FAUSTO DI LORENZO
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