Il Presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro,
e il deputato Nicola Cosentino, leader campano del Pdl
NAPOLI - Il fattore “C” colpisce ancora. L’ingranaggio perfetto di connivenza, convenienza e convivenza rende schiavi tutti ma incatena soltanto le “quarte file”. I famosi “colletti bianchi” riescono sempre ad aggirare l’ostacolo. Per loro non c’è magistratura che tenga. Ordinanza che li fermi. Sistema giudiziario che gli impedisca di continuare “a delinquere”. “I potenti” sono sempre “immuni”, sempre “forti”. Soprattutto quella categoria che la politica mette nel limbo dorato per evitargli il carcere. Centrodestra o centrosinistra poco conta. Basta che siano volti noti del panorama nazionale e potenti nei loro paesi di origine. Gente che ha un peso nelle stanze del potere criminale e politico. Questo vale al di là del credo politico e della bandiera sotto la quale a proprio uso e consumo ci si continua a nascondere. Se conti – oltre ogni populismo – sei destinato ad un altro tipo di ordinamento giudiziario, quello garantista al mille per mille. La magistratura ci riprova a stringere le manette ai polsi di Nicola Cosentino e ad indagare sul conto di Luigi Cesaro. Il primo, ex Sottosegretario all’Economia del governo Berlusconi e il secondo, presidente della Provincia di Napoli. Entrambi legati da lunga amicizia e anni di militanza politica. Entrambi uomini fidati dell’ex premier. Secondo i pm si sarebbero recati ad un incontro all’Unicredit di Roma per ottenere un finanziamento volto a favorire la costruzione di un centro commerciale a Casal di Principe. Struttura che sarebbe servita al potente cartello criminale per continuare a riciclare denaro sporco. Il terremoto giudiziario non ha colpito solo Nicola Cosentino. Nel mirino della magistratura oltre al responsabile della filiale Unicredit di Roma Tiburtina Cristoforo Zara e al responsabile della gestione crediti per il Sud Italia di Unicredit Alfredo Protino, altri quarantasette personaggi del mondo politico locale e della camorra: Marcello Bianco, Mario Cacciapuoti, Antonio Cantello e Arturo Cantiello, Salvatore Catiello. Maurizio Capasso, Salvatore Capasso, Gian Giuseppe Carpenedo, Francesco Cavalieri, Alessandro Cirillo, Antonio Corvino (ex assessore di Casal di Principe), Caterina Corvino, Demetrio Corvino, Luigi Corvino, Nicola Corvino, Cipriano Cristiano (ex sindaco di Casal di Principe), Nicola Di Caterino, Gennaro Diana, Gianluca Diana, Mario Diana, Vincenzo Falconetti, Angelo Ferraro, Serbastiano Ferraro (consigliere provinciale), Luigi Fichele, Marco Galante, Mario Iavarrazzo, Alberto Francesco La Rocca, Mauro La Rocca, Luigi Lagravagnese, Alfonso Letizia, Giovanni Lubello, sposato a Katia Bidognetti, Andrea Pierpaolo Macciò, Giuliano Martino, Flavio Pelliccioni, Francesco Petito, Silvio Prosperi, Massimo Russo, Antonio Russo, Nicola Schiavone, Vincenzo Schiavone, Raffaele Bidognetti, Raffaele Cerullo, Bernardo Cirillo, Francesco Cirillo, Giuseppe Diana, Francesco Di Maio, Salvatore Iorio, Guido Mercurio, Maria Assunta Di Lauro, moglie di Elio Natale, Stefano Di Rauso, Gaetano Iorio, Rossano Tirabassi, Giuseppe Valmassoni. Per questi ultimi cinque indagati, dalla Di Lauro fino a Valmassoni, sono stati disposti gli arresti domiciliari. A evitare la cella, per il momento, sarà solo Cosentino in quanto si dovrà attendere il parere della Camera, chiamata per la seconda volta a decidere se rigettare o accogliere la misura di custodia cautelare nei confronti del parlamentare. Ci risiamo. Anche nel novembre del 2009 l’ex Sottosegretario ha solo rischiato di finire in carcere. Sfumate le polemiche, che lo hanno costretto a rassegnare le dimissioni dal ministero guidato da Tremonti, è rimasto a Montecitorio come se niente fosse accaduto. Eppure su di lui sono state mosse accuse pesanti. Dichiarazioni che lo hanno costretto ad uscire dalla tranquilla Caserta per sedere su uno dei salotti televisivi più rinomati della politica italiana e difendersi pubblicamente. E’ a “Porta a porta” che Cosentino cercò di controbattere alle accuse mossegli da Gaetano Vassallo, ex imprenditore nel settore rifiuti. Il parlamentare dichiarò a Bruno Vespa di non aver mai incontrato personaggi malavitosi. E, soprattutto, di non aver mai cercato di favorire gli interessi che la cosca aveva nel grande business della gestione dell’immondizia. Tutto questo avveniva mentre Napoli soccombeva sotto il peso dell’ennesima emergenza. Vassallo, per Cosentino, era “un cocainomane utilizzato dai magistrati per screditarlo”. Si parlò addirittura di “magistratura ad orologeria”. Mettendo in piedi una teoria del complotto che lo avrebbe visto immolato come un agnello sacrificale alla causa del Pdl. Fatti e circostanze che, nonostante tutto, sono ancora al vaglio del giudice della prima sezione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Quello stesso palazzo di giustizia nel quale – qualche giorno fa - si è recata Anna Carrino per depositare un’ulteriore confessione che tira in ballo proprio Cosentino. ll parlamentare, a detta della Carrino, avrebbe favorito il figlio del boss di Napoli, Raffaele Stordler. Il clan, tramite Lubello (genero di Bidognetti anche lui finito in cella nel corso dell’operazione denominata “Il principe e la scheda ballerina”), avrebbe chiesto al Sottosegretario di intercedere affinché il giovane potesse prestare servizio militare senza allontanarsi da Napoli. Cortesia che il politico avrebbe fatto senza batter ciglio. Adesso la Carrino da messaggera di morte è diventata profetessa “di sinistri messaggi” soprattutto per il leader campano del Popolo della Libertà. Non sarà un caso che a distanza di pochi giorni da quella deposizione apparsa su tutti i giornali è stato emesso il provvedimento restrittivo nei confronti del responsabile regionale del Pdl. Se il futuro di Cosentino è appeso ad un filo, diversa è stata la sorte dell’ex sindaco di Villa Literno, Enrico Fabozzi. Per lui i cancelli del carcere si sono aperti immediatamente. L’ex consigliere regionale del Pd non ha potuto godere della famosa “immunità”, non essendo un parlamentare. Il quindici novembre, quando i carabinieri hanno bussato alla sua porta è stato costretto a seguirli. E’ ancora in cella con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo quanto avrebbero accertato i carabinieri coordinati dalla Dda di Napoli, proprio in qualità di ex sindaco di Villa Literno, Fabozzi avrebbe stretto un patto con il clan dei Casalesi, in particolare con il gruppo capeggiato dal boss Domenico Bidognetti, per procurarsi appoggi elettorali in cambio di appalti. Con lui sono state arrestate altre otto persone. Per loro l’accusa è stata di estorsione, turbativa delle operazioni di voto mediante violenza e minaccia, corruzione, impiego di denaro di provenienza illecita e ricettazione, reati tutti aggravati dalla finalità di agevolare il clan «dei casalesi». Sicuramente Fabozzi non se la caverà con poco, visto che nell’ordinanza sono stati anche ricostruiti ipotetici rapporti con l’ex latitante Antonio Iovine.
Assunta Ferretta
Ancora oggi ho trovato quest'articolo su Internet, articolo ben scritto e ben argomentato.
RispondiEliminaProcesso mediatico già concluso.
Il mio nome compare inserito come personaggio della politica locale e della camorra.
Ieri si è giunti alla sentenza di primo grado, io sono risultato assolto con formula piena.
Purtroppo questo non fa notizia.
Non avendo mai ricoperto cariche politiche e in 40 anni di attività mai menzionato in fatti di camorra, visto che.il mio nome viene ancora oggi infangato, con questo post sto cercando, nel mio piccolo,di affrancarmi