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lunedì 19 dicembre 2011

L'EDITORIALE/ Lo zio di Bonanni, le tasse e la complicità dei sindacati



ROMA - Mi sento come lo Zio di Raffaele Bonanni, Segretario Generale della Cisl: non so niente di economia ma ho la certezza di poter fare una finanziaria migliore di quella approvata da una inebetita Camera dei Deputati e presentata dal Consiglio di Facoltà guidato da Mario Monti

I numeri e il voto in aula
Va detto che, forse in un sussulto di dignità personale o forse perché si sono resi conto di non servire più a niente, a decine i deputati appartenenti a partiti schierati con Monti che non si sono presentati in aula al momento del voto. I numeri parlano chiaro. A fronte di una fiducia ottenuta, poco meno di un mese fa con 556 sì e soli 61 no (il gruppo leghista più Mussolini e Scilipoti), la Finanziaria è stata sanzionata alla Camera con "soli" 402 voti favorevoli, 75 contrari e 22 astenuti. In meno di un mese il Professor Monti ha raffreddato i bollenti spiriti dei suoi sostenitori che la stangata finanziaria proprio non l'hanno voluta avallare. Sono stati 154 i voti persi da Monti a destra come a sinistra. Hanno tolto il proprio sostegno al tecnicissimo gabinetto (è proprio il caso di chiamarlo così!) sia l'Italia dei Valori che la Sudtiroler Volkspartei (Svp). Politicamente importante la prima, irrilevante la seconda e altamente prevedibile. Con una maggioranza così ampia Monti non aveva alcun interesse ad inserire qualche norma economicamente vantaggiosa per i sud tirolesi  (i quali, per la cronaca, vengono letteralmente pagati dalla Repubblica per restare entro i confini italici, ma su questo si può discuterne in altra sede!) che così, mancando le "pezze d'appoggio", si sono ritirati in buon ordine in attesa di qualche esecutivo politico a caccia di un gruppetto di voti in parlamento. 



La deputata leghista Emanuela Munerato è intervenuta contro la manovra Monti parlando alla Camera vestita da operaia per sottolineare come i costi della crisi, per scelta del Governo, graveranno soprattutto sulle spalle dei lavoratori e delle altre categorie esposte.


Si è astenuto, non era presente in aula o addirittura si è schierato contro il defunto Governo Berlusconi. Quasi tutti gli ex ministri non hanno approvato la manovra assieme ad un'altra trentina di deputati del Popolo della Libertà che, nonostante il tentativo di mettere una pezza da parte di Berlusconi (il quale ha parlato di dissensi previsti e, in certi casi autorizzati dalla dirigenza del partito), è sempre più spaccato. Compatto il terzo polo di Casini, Fini e Rutelli, e meno evidenti le fratture dentro il Partito Democratico. In generale la classe politica sta continuando a dare una pessima prova di sé.

Pagare tutti per pagare meno? No, pagare meno per pagare tutti
Quello che sembra un gioco di parole dovrebbe entrare nella testa di tutta la popolazione. Non è vero quello che ci raccontano. Non è vero che la lotta all'evasione fiscale si porta avanti instaurando un regime fiscale (anticipazione di altri tipi di regime). Non è vero che le tasse sono alte perchè non tutti pagano le tasse. Le tasse sono alte perchè servono a coprire le spese di una classe di tecnici e politici papponi e gli interessi delle banche usuraie. Da Napolitano a Scilipoti, passando per le case degli avvocati, dei giornalisti, dei notai, dei magistrati e via dcendo, c'è tutta una massa di parassiti sociali che vive del lavoro della povera gente che, come ringraziamento, deve anche subire le angherie fiscali decise dal Governo. Se tutti pagassimo le tasse, le tasse non diminuirebbero perchè i signori della casta avrebbero l'interesse a continuare ad ingurgitare e ad abboffarsi. Vero è il contrario. Se le tasse scendessero in modo radicale l'evasione diventerebbe antieconomica. Lo spiega molto bene l'economista Arthur Laffer, economista californiano che, grazie alla sua curva dimostrò come ad un livello di tassazione elevato corrispondesse una alta evasione e, di riflesso, minori entrate. Ad un livello di tassazione considerato "giusto" le entrate fiscali sarebbero aumentate. Guardando il grafico, nel caso italiano si tratterebbe di passare dal livello di tassazione t3 a t*. Le entrate aumenterebbero in modo considerevole.


File:Krzywa Laffera.svg

Casi pratici ce ne sono già stati nel corso degli ultimi 30 anni. Spinto da Laffer, Ronald Reagan applicò il suo sistema e, operando con l'introduzione di una singola flat tax, il gettito fiscale aumentò sensibilmente. Non solo negli Usa si è fatta la scelta giusta di ridurre le tasse. Anche un Paese con un profondo debito pubblico come l'Argentina di inizio XXI secolo ha rivisto il proprio sistema di tassazione e, con una dichiarazione di bancarotta e una revisione al ribasso delle imposte, oggi cresce (al di fuori della dittatura mondiale dell'economia) a ritmi del 6% annui. Non bastano gli esempi? Passiamo alla Russia dove la fine dell'Urss aveva creato una folle politica economica che avrebbe dovuto consentire l'inserimento della nuova repubblica nel capitalismo mondiale. Le riforme non furono sufficienti e nel 1998 la crisi raggiunse livelli gravissimi a seguito anche della svalutazione del rublo. Alla fine Eltsin cambiò le sorti della storia optando per la semplificazione dell'apparato burocratico e militare, con una riduzione del potere delle caste oligarchiche e amministrative e, infine, con una semplificazione radicale del sistema fiscale con l'introduzione di una flat tax che portò, nel giro di un biennio ad un aumento delle entrate fiscali del 30%. Un Governo di tecnici queste cose, non le capisce, o meglio, non le vuole capire perchè trattasi della peggior specie di tecnici, i banchieri che hanno solo l'interesse di bottega.




Dal "Vivat Monti" alle lotte sociali
E torniamo a Bomba ripartendo da Raffaele Bonanni e dagli altri Segretari dei Sindacati, Luigi Angeletti della Uil, e Susanna Camusso della Cgil. Non sapevamo di avere a che fare con delle vergini vestali e, sinceramente, non so come possano pensare di darla a bere a qualcuno. Adesso la triade sindacale si è resa conto che il Governo Monti è un governo tecnico, non legittimato dalla volontà popolare, imposto dal Presidente della Repubblica alle forze politiche allo sbando incapaci di gestire la crisi e di far uscire il Paese dalla palude in cui è precipitato a causa di 150 anni di politiche sballate e fuori dal mondo. Eppure furono proprio i tre sindacati a celebrare il Vivat in aeternum e basta andare a dare una occhiata ai tanti comunicati rilasciati dalle tre sigle sui loro siti. La Cgil esultava per l'eliminazione dell'Orco di Arcore e cantava le lodi di Giorgio I salvatore della Patria: "La fine del governo Berlusconi, delle sue politiche di divisione sociale, di attacco al lavoro, di penalizzazione del lavoro pubblico delle autonomie locali è uno straordinario e positivo risultato per il Paese ed è frutto non solo del giudizio di non credibilità sancito dai mercati in questo periodo ma soprattutto della lunga stagione di lotte del lavoro e sociali che hanno attraversato il Paese in questi anni di cui la CGIL è stata a pieno titolo soggetto fondamentale [...] A questo fine la CGIL pensa che sia necessario un governo di emergenza, di transizione e di garanzia del Presidente della Repubblica che possa affrontare il problema del ripristino della nostra credibilità internazionale" si leggeva nella nota stampa del 10 novembre. Più cauta, ma sempre soddisfatta, la Uil: "Al Presidente del Consiglio Mario Monti e al nuovo Governo va il nostro augurio di buon lavoro. L’impegno a cui è chiamato l’Esecutivo è davvero complesso. Ma la competenza e la professionalità di tutti i suoi componenti ci lascia ben sperare. Noi ci attendiamo provvedimenti per lo sviluppo nel segno dell’equità. In questo quadro, la Uil sarà un interlocutore responsabile ed affidabile". Ma anche sul programma i sindacati erano d'accordo con Monti con la Cgil che esaltava il radicale cambiamento culturale del Paese: "La Segreteria Nazionale della CGIL ha apprezzato nel discorso del Presidente Monti al Senato il forte senso delle Istituzioni, la valorizzazione dello Stato e delle sue articolazioni a tutti i livelli. Gli obiettivi delineati danno il senso di una inversione di tendenza rispetto all'impostazione del Governo precedente sul fronte del contrasto all'economia illegale e al ripristino di politiche volte alla trasparenza e alla lotta all'evasione come elemento fondamentale del progresso civile e sociale del Paese [...] L’interessante approccio tenuto dal professor Monti sull’istruzione registra una vera svolta culturale che riconosce importanza strategica al sistema della conoscenza e dopo anni di vilipendio ne propone la valorizzazione e la funzione essenziale per la crescita e l’innovazione". Poi la luna di miele è finita. Monti ha cominciato a fare quello per cui è stato chiamato dalla finanza internazionale e dall'Unione Europea, ovvero salvare le banche, spremere i cittadini e consentire il pagamento dei debiti nazionali strainfischiandosene della crescita, della popolazione e del risanamento vero che serve al Paese. Ovviamente passato all'ultimo punto dell'agenda del Paese il Sud, su cui il governo non si è minimamente espresso. Ovviamente i Sindacati hanno fatto altrettanto riaprendo però una stagione di lotta contro il potere dei tecnici. Ma dove sono finiti i sindacati compiacenti, quelli che, con Angeletti affermavano: "Quello presentato, oggi, da Mario Monti è un programma sostanzialmente condivisibile. Ci convincono, in particolare, i passaggi in merito alla riforma fiscale, per noi prioritaria nella prospettiva della crescita del Paese. Se si inciderà anche sui costi della politica e sugli inaccettabili privilegi, ci incammineremo su una buona strada". Erano lì. Sono lì. Sono sempre loro. I Sindacati come comitati d'affari, casta silenziosa che non paga l'Ici, che ha esenzioni fiscali di ogni tipo e che pontifica, pontifica, pontifica, su questo e quell'argomento. Sono sempre stati al loro posto. Agli attenti quando richiamati da Napolitano alla responsabilità nazionale, e saranno ancora lì quando dal Quirinale arriverà un secondo richiamo alla responsabilità. Allora se Monti si è insediato anche col consenso dei Sindacati, caro Bonanni, dimettetevi e fatevi sostituire da tuo zio. Ne capirà meno, ma forse saprà fare di meglio. Forse la truffa Monti lui l'aveva già capita!


Roberto Della Rocca

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