ROMA - E’ morto Mirko Tremaglia. Poche parole da dire sull’uomo e
sul politico. Per il suo passato è stato messo in croce e “costretto” ad un
ruolo di secondo piano, quasi di silenzio nei lunghi anni della militanza nel
Movimento Sociale Italiano di Almirante e Pino Rauti. Amato dal popolo della
destra nostalgica per via della sua militanza giovanile nella Repubblica
Sociale. Uomo di destra, sempre coerente con sé stesso e con i suoi principi,
condivisibili o meno che essi fossero. Con la fine della prima repubblica e il
crollo delle ideologie e del sistema bipolare anche la politica italiana
cambiò. L’evoluzione della destra, lo svecchiamento del Msi, l’arrivo di
Berlusconi e degli orfani socialisti e democristiani nel campo destro dello
schieramento sconvolsero il vecchio ordine ma Tremaglia non ne risentì in modo
particolare. Entrò in Alleanza Nazionale seguendo la linea moderna di
Gianfranco Fini pur restando con coerenza sulle sue posizioni. In fin dei conti
come chiedere ad un uomo di quasi 70 anni di fare una revisione completa del
proprio modo di pensare? Divenne
Ministro, punto più alto della sua carriera politica, che si concretizzò
nella nomina ad un nuovo dicastero a lui particolarmente caro, quello degli
italiani all’estero. Negli ultimi anni, all’interno del Msi e di An si era
dedicato ai cittadini italiani emigrati all’estero e a loro dedicò la legge che
porta ancora oggi il suo nome che ha consentito di dare a questi “esuli” il
diritto di voto per un limitato numero di rappresentanti. Finita l’esperienza
di Governo ha condotto la sua opposizione all’esecutivo Prodi e ha poi seguito
Gianfranco Fini nel Fli. Quasi spartito dalla scena politica dal 2010 la sua
ultima apparizione pubblica fu a Mirabello. In quell’occasione apparve in tutta
la sua decadenza umana dovuta al maledetto Parkinson. Oggi, alle soglie del
2012 ha lasciato questa terra e ha raggiunto l’amato figlio Marzio morto nel
2000 a 42 anni a seguito di una grave malattia. Tre opinioni, al di là del
valore umano e politico di Tremaglia. Le prime due riguardano la sua legge che ha
peccato di ingenuità. Nel tentativo, giusto, di dare voce a chi non risiede più
nella penisola si è dato troppo peso a questi rappresentanti come divenne
evidente dopo le elezioni del 2008. Il lavoro di Tremaglia sarebbe forse stato
maggiormente completo se abbinato ad una seria riflessione sulle origini dell’emigrazione,
specie quella meridionale, interna ed esterna alla penisola cominciata a
seguito dell’unificazione politica del Paese. La terza è più politica e
riguarda la sua adesione al Fli partito che stona, quasi in tutto, con la sua
storia personale. I più critici di Fini hanno parlato di una operazione da
basso impero, l’approfittarsi di una mente debole.
Non arrivo a dire questo ma
certo la sua presenza a Mirabello è stata una partecipazione quanto meno stonata.
Queste restano chiacchiere di fronte alla morte ma a volte anche le chiacchiere
possono servire a ragionare.
r.d.r.
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