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martedì 6 dicembre 2011

Elezioni russe, Putin ha la maggioranza ma restano i lati oscuri della "democrazia" russa

I risultati delle elezioni per l'elezione della Duma. Come si evince dai colori il centro di Russia Unita, partito del Primo Ministro Putin, si conferma partito di maggioranza assoluta seguito dai Comunisti, i centristi di Russia Giusta e dalla destra nazionalista, tutte e tre opposizioni in crescita rispetto ai risultati del 2007.

Il vincitore "ridimensionato" Vladimir Putin

MOSCA – Alla fine ce l’ha fatta. L’ha spuntata per il rotto della cuffia ma alla fine, alle elezioni parlamentari, Nuova Russia, il partito del Premier Vladimir Putin, candidato alla Presidenza Russa per il terzo mandato non consecutivo (dopo quattro anni di interregno targato Medvedev, suo ex Ministro degli Interni, ndr), è il primo partito della Federazione Russa. La repubblica Russa, sorta dalle ceneri dell’Unione Sovietica, vive ormai da un decennio sotto la tutela dell’uomo forte dell’Est. Vladimir Putin non necessita di particolari presentazioni. Uomo del Kgb e dei servizi segreti moscoviti, a capo dei servizi di controllo in Polonia e negli altri Paesi del blocco sovietico all’epoca della Guerra Fredda, è poi passato alla politica dopo il golpe anti Perestrojka tentato dal Pcus nel 1991. Consigliere del Sindaco di Pietrogrado, poi deputato per la sua città e infine uomo di punta del Governo Federale guidato dal Presidente Boris Eltsin, l’uomo che sia mai stato più vicino alla democrazia in Russia. Eltsin lo scelse per guidare l’Fsb, servizi segreti post Kgb e da allora si è avvicinato sempre di più al Presidente fino a quando, alle soglie del capodanno 2000, Eltsin, per motivi di salute, rassegnò le dimissioni. Putin divenne Presidente, confermato nelle elezioni della primavera successiva e poi in quelle del 2004. Non potendo cambiare la costituzione dovette farsi sostituire dal suo pupillo Medvedev ma non prima di approvare delle modifiche costituzionali che rafforzavano i poteri del Primo Ministro. Primo atto ufficiale di Medvedev fu quello di nominare Putin a capo del Governo Russo. 

Il Presidente Dimitri Medvedev

Ora Putin ambisce a tornare al Cremlino e, in vista delle elezioni di primavera è dato come favorito. La Russia nel 2012 ha ancora bisogno di un uomo forte o di un ricambio generazionale e politico ai vertici? Questa la domanda che impazza da un capo all’altro del pianeta presso le cancellerie e i centri di analisi di politica internazionale. La Russia è cambiata dal 2000. Putin ha fatto della paura un’arma potente. La paura dell’indipendenza della Cecenia e il terrorismo internazionale sono stati all’ordine del giorno della sua agenda politica assieme al rilancio dell’economia e alla ripresa di una politica estera di prestigio per la Russia che vuole tornare a proporsi come alternativa vincente ai modelli occidentali e come unica via d’uscita rispetto all’islamismo e al sistema cinese. Cecenia, Georgia, Abkhazia sono entrati nell’immaginario collettivo russo come “armi” politiche di Putin. Anche il gas, il petrolio, i minerali e la corsa alla Siberia (per meglio amministrare l’immenso paese ha perfino stabilito la riduzione dei fusi orari da 11 a 4) sono il volto vincente dell’era putiniana assieme a basse tasse, espansione economica, aumento del fatturato industriale e ingresso di nuove tecnologie per la popolazione abituata ai rigori brezneviani. Poi c’è il lato oscuro della Russia di Putin con l’immagine della giornalista Anna Politkovskaja assassinata perché sempre pronta a indagare e denunciare gli abusi dei nuovi ricchi, dei burocrati e dell’enclave presidenziale. Ci sono gli oligarchi che dai tempi di Anatoly Chubais (ispiratore e gestore del più vasto processo di privatizzazioni economiche mai avviate al mondo agli inizi dell’era Eltsin nel 1992) ha regalato quasi tutto il potenziale economico della Russia ai nuovi ricchi post comunisti, coloro che, vicino ai potenti, si sono arricchiti grazie al capitalismo. Gli oligarchi non allineati? Al muro, ovviamente come Khodorkosky che voleva costruire un opposizione politica a Putin e finito in galera assieme al “collega” Lebedev. Poi ci sono gli esuli, costretti a lasciare la Russia per sfuggire all’uomo forte. Berezovskij finito a Londra, Gusinskij che ha scelto la corte del Borbone di Spagna, Nevzlin rifugiatosi presso Israele. Infine gli amici di Putin come Roman Abramovic e Michail Gutseriyev. Proprio la politica “prenditoria” degli oligarchi putiniani è alla base del primo colpo al sistema di potere dello Zar di Pietrogrado. La crisi economica ha indebolito tutti i sistemi politici che si sono dimostrati inefficienti a trovare soluzioni utili a migliorare le condizioni del popolo. I regimi nordafricani e mediorientali sono crollati e crolleranno nel breve periodo. Le democrazie occidentali, che hanno fatto della ricchezza la loro prima preoccupazione, sono allo sbando. Il Giappone e gli Stati Uniti sono finiti nel tunnel del debito pubblico mentre la Cina ha dovuto rivedere al ribasso i mostruosi ritmi di crescita. Stessa cosa è accaduta in Russia. La crisi economica ha squarciato il velo di Maya. Non regge più il sistema fondato sulla paura. Lo dicono i dati usciti fuori dalle urne per la rielezione della Duma. 


Il partito di Putin, Russia Unita si conferma partito di maggioranza sfiorando il 50% dei consensi e conservando la maggioranza assoluta nella Duma con 238 seggi. Il problema di Putin è il paragone con le precedenti elezioni del 2007 quando Russia Unita si affermò con il 64% dei voti e 315 seggi mancando di poco la maggioranza di seggi qualificata (75%) per la riforma della Costituzione che gli avrebbe permesso di ricandidarsi al Cremlino per la terza volta consecutiva. Ci ha riprovato e ha mancato l’obiettivo a vantaggio delle opposizioni, partito comunista in testa che ha incassato il 19,16% dei voti e 92 seggi migliorando di 3 punti percentuali il risultato del 2007. La formazione “centro-legalitaria” di Russia Giusta ha ottenuto il 13,2% dei voti e 64 seggi raddoppiando i consensi mentre la formazione nazionalista di destra del Partito Liberal Democratico ha ottenuto l’11,66% e 56 seggi (aumenta di 16 deputati rispetto al 2007). Tutto questo cosa cambia per Putin? Nulla, o quasi. Il 4 marzo 2012 Putin si presenterà al popolo che lo eleggerà, con una percentuale sicuramente superiore al 50%, al Cremlino. Non potrà, ancora una volta, modificare la Costituzione per divenire, in pratica, Presidente a vita, ma sarà ancora per molti anni il protagonista indiscusso della politica russa. Anche per l’Occidente cambierà poco. Putin è il garante dell’ordine internazionale. Favorevole a non includere l’Iran nel gioco nucleare ed è intenzionato a farsi rispettare in Asia come in Europa, il Presidente rieletto per la terza volta manterrà nelle sue mani le chiavi per stringere i rubinetti del gas all’Europa franco – tedesca. La scelta di Parigi e Berlino di imporsi agli altri partner europei avrà come conseguenza quella di spostare ancora una volta l’asse dell’Ue verso la Mitteleuropa, i Balcani e l’Oriente caucasico. Il Mediterraneo, da cui possono provenire l’energia e le risorse alternative ai beni russi, non viene preso in considerazione. Attendendo la rielezione dello "Zar" di Pietrogrado, i leader europei, italiani compresi, continuano a governare nella loro miopia. 

Paolo Luna 

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