Gli stati europei nati da secessioni e autonomie locali riconosciute
NAPOLI - A distanza di un anno dall’apertura dei festeggiamenti per l’unità
d’Italia, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha approfittato
di una sua visita a Napoli per continuare le solite esternazioni tricolorate. Proprio
in una Napoli ancora afflitta dalla mala gestione dei rifiuti, come dimostra l’ultima
maxi multa affibbiataci dall’Ue (soldi che probabilmente andranno a rimpinzare
le casse della Grecia, e quindi a coprire gli interessi delle banche anglo –
tedesche!), simbolo della mala unità conseguita 150 anni fa che si ostinano
a celebrare e a propinarci. In nome del tricolore della Patria unita il Signor
Presidente ha scagliato il suo potentissimo anatema contro la Padania e le
tendenze secessioniste, da qualsiasi parte esse provengano. A patrocinare al
lancio dell’anatema il prode eroe dei due mondi Giuseppe Garibaldi. Nell’omonima
piazza, generalmente abbandonata al degrado ma per l’occasione tirata a lucido
come fosse il San Carlo, Napolitano ha dato il meglio di sé. Forse il ricordo
del rosso delle camice garibaldine ha ridestato i bei tempi della gioventù del
Presidente quando avallava l’invasione dell’Ungheria o quando restava geloso
custode della tessera del Pci anche mentre i carri di Mosca facevano strage a
Praga e quelli di Jaruzelski massacravano i polacchi Varsavia. Non sappiamo cosa lo abbia spinto.
Fatto sta che ha lanciato un avviso ben preciso. Chi pensa alla secessione
rischia di andare contro la legge e, dunque, di finire in manette. Grazie per l’avviso,
Presidente, ma la galera non ci spaventa. Ci spaventa sempre di più l’oppressione
dei burocrati e degli oligarchi che tengono per la gola l’Italia e ne
condizionano governo e agenda politica affamandone la popolazione per
arricchire sé stessi. Ci spaventa l’aggressione della mala politica al Sud, che
da 150 anni è terra di conquista e di sfruttamento coloniale. L’inganno presto
finirà. Giorgio Napolitano non è uomo sprovveduto, anzi. E’ un politico
preparato. Ha studiato, insomma. Dunque non posso credere che le sue parole siano
dettate da ignoranza bensì dall’amnesia che l’ha colpito da quando il
migliorista risiede nel Palazzo dei Papi (in senso di Pontefice non di
Berlusconi, di questi tempi è bene specificarlo). E allora rinfreschiamo la
memoria al Presidente della Repubblica. La secessione è contro la legge, la
secessione è fuori dalla storia! Ebbene sì, ha proprio detto “fuori dalla
storia”. Allora ricordiamoci, anche grazie all’ausilio di una mappa, che la
maggior parte degli stati europei sono nati da secessioni e rivendicazioni di
autonomie. Nell’ottocento la Grecia, la Romania, la Bulgaria e il Belgio hanno
detto addio all’Impero Ottomano e ai Paesi Bassi. Dopo la prima guerra mondiale
toccò all’Irlanda e agli stati balcanici usciti dall’Impero Austro – Ungarico e
da quello Turco. Ancora più recentemente, negli anni ’90, i paesi membri dell’Unione
Sovietica e quelli appartenenti allo Stato Jugoslavo per finire ai recentissimi
casi del Kosovo e del Montenegro dove, addirittura, si sta arrivando al rientro
dei sovrani spodestati quasi cento anni fa. Senza dimenticare i casi extraeuropei,
ultimo tra tutti quello del Sud Sudan. E il futuro lascia presagire che le carte
saranno ancora rimescolate. Il Belgio è da quasi due anni senza un governo e il
Sovrano governa con il favore del popolo belga che lavora alla secessione delle
due anime del paese quella fiamminga e quella vallona. La Scozia e la
Catalogna, ma anche la parte sud orientale della Moldavia, Transinistria, mantengono ampie fasce di autonomia, gli stati
federali che compongono la Germania hanno un proprio parlamento e un proprio
governo, nella Scandinavia fioccano gli esempi di autogoverno e regolamenti
autonomi autorizzati dalle amministrazioni centrali. Caro Presidente, non è la
secessione ad essere fuori dalla storia, ma l’Italia, che forse non sarebbe mai
dovuta entrarci.
Roberto Della Rocca
Esimio Roberto,
RispondiEliminaconcordo in pieno con l'articolo da Lei scritto. Quel signore è uno dei napoletani furbi che hanno trovato nella politica il modo di vivere alla grande senza MAI lavorare sul serio. Pontifica del Quirinale, ammonendo il SUD "che si deve rimboccare le maniche", ma per far cosa che quaggiù se sei fortunato trovi solo da lavorare in nero e per 3 soldi (vedi Barletta). Ha pure il coraggio di venirci a parlare ancora di "Fratelli d'Italia" ...... Beh li accetterei pure, ma a patto che questa volta "il Caino" voglio essere io !!!
Giuseppe
Carissimo Roberto,
RispondiEliminal'amarezza che si legge in ogni parola dell'articolo, condita con parecchia rabbia, non credo possa essere utile a stimolare una riflessione produttiva su quello che possa essere il futuro del nostro sud. Con questo non dico di starcene a guardare. Ma chi urla alla secessione, alla macroregione, al sud libero dall'oppressione e dallo sfruttamento o addirittura al ritorno del Borbone, ha provato ad immaginare su quali fragili gambe si reggerebbe la nostra economia? O vogliamo fare ai nostri interlocutori l'ennesimo regalo, perchè dopo averci spogliato di tutto (ricchezze, risorse e intelligenze), e riempiti solo dei loro rifiuti peggiori, lasciandoli liberi di andare impuniti lungo la loro strada lasciandoci in una situazione più disastrosa della Grecia o del Kosovo?
Cara Mariagiovanna, cogli nel segno. La mancanza di un progetto è quello che limita lo sviluppo politico del nostro Sud. Da noi manca un Miglio in grado di dare una visione chiara al futuro. Non era questo nemmeno lo scopo dell'editoriale con cui volevo dimostrare come l'unico ad essere fuori dalla storia sia il presidente Napolitano. La secessione è possibile ma a pro di che? Approfitto della circostanza per invitarti, il 29 ottobre, alla XIV edizione della cerimonia celebrativa della battaglia del volturno. Sono tra i relatori e il mio intervento sarà proprio dedicato alla "marcia verso un nuovo Sud". Spero di incontrarti lì in modo da approfondire la questione durante il dibattito. Grazie per l'attenzione che ci hai dedicato.
RispondiEliminaRoberto Della Rocca