IL CAIRO - L'agenzia Mena ha comunicato al mondo che l'ex Presidente egiziano Hosni Mubarak, recentemente condannato al processo per le violenze durante la recente rivoluzione, è morto. In realtà sarebbe morto e il condizionale è d'obbligo. Sulle sorti dell'ex Rais è mistero più totale. Secondo la Mena sarebbe morto. Altre fonti interne al Paese Africano parlano di un Mubarak caduto in coma irreversibile. Altri ancora hanno comunicato che sono solo falsità. Gli ultimi parlano di morte clinica. Mentre la confusione della stampa internazionale regna sovrana, prosegue il caos interno all'Egitto. Mubarak è diventato Presidente della Repubblica Egiziana subito dopo la morte di Anwar Al Sadat, ucciso durante una parata da un gruppo di militari estremisti contrari alla politica di pacificazione con Israele avviata dal Generale. Mubarak non era uno sconosciuto, nè tanto meno un parvenue. Nato nel 1928 scelse la carriera militare nell'Aeronautica egiziana entrando nello squadrone bombardieri dopo aver ottenuto un diploma in scienze militari e un secondo in scienze aeronautiche. Il completamento del suo addestramento venne in Kyrgyzstan, all'epoca parte dell'Impero Sovietico alleato dell'Egitto di Nasser contro l'imperialismo "giudaico-americano". Tanto apprezzato in Unione Sovietica da diventare, nel 1964, capo della Delegazione Militare Egiziana presente entro i confini del colosso asiatico. La sua ascesa ai vertici dell'aeronautica egiziana fu rapida grazie ai tanti conflitti. Nel 1967 ottenne la carica di Capo di Stato Maggiore delle forze aeree, nel 1972 quella di Comandante e vice Ministro della Guerra, l'anno successivo divenne Maresciallo dell'Aria e nel 1975 entrò al Governo diventando il vice del Generale Sadat. Dismise i panni militari solo nel 1981 quando, a seguito dell'assassinio di Sadat venne nominato presidente della Repubblica e leader del Partito Nazionale Democratico, cariche che ha mantenuto per trent'anni fino al 2011 quando le rivolte della cosiddetta primavera araba, non lo hanno costretto alle dimissioni. Come Presidente della Repubblica ha fatto dell'Egitto la potenza araba più vicina a Israele, pacificando il Sinai e il confine di Gaza e stringendo forti legami politici ed economici con Stati Uniti e Unione Europea pur non abdicando mai al forte ruolo all'interno del mondo arabo. Percorrendo la strada cominciata da Sadat (che ruppe con i sovietici per approdare all'occidente) anticipò le scelte di numerosi altri Stati arabi i quali, stremati da decenni di sconfitte che avevano visto soltanto allargare il territorio di Israele, decisero di passare alla pace e alla diplomazia. Basterà ricordarsi delle virate politiche di Giordania, Libano e Arabia Saudita che hanno costretto il leader dei palestinesi Arafat, tra la fine degli anni '80 e l'inizio del nuovo millennio, a rivedere la propria posizione oltranzista a causa di mancanza di alleati esterni. La politica di Mubarak divenne l'esempio per i medio orientali tanto che nel 1989, a maturazione politica generale avanzata, l'Egitto rientrò nella Lega Araba (da cui era stata espulsa proprio a seguito della firma del trattato di pace con Israele) e la sede della stessa organizzazione internazionale rientrò al Cairo. La pacificazione fu l'obiettivo di Mubarak anche all'interno del Paese. Dopo le persecuzioni ai cristiani copti durante la presidenza di Sadat, che costrinse il pontefice Shenuda III all'esilio in monastero, nel 1985 il nuovo leader egiziano lo richiamò al Cairo. Mubarak si è servito in modo spudorato dei Fratelli musulmani, il gruppo filoislamico oltranzista che era stato messo fuori legge dai predecessori del Rais e che divenne invece una componente essenziale del "gioco autoritario" del nuovo presidente. L'Egitto è stata una democrazia non pienamente compiuta come tante altre del mondo mediorientale. Lo stesso concetto di democrazia assume tutt'altro valore nel mondo islamico dove il modello occidentale ha preso piede negli ultimi anni soprattutto tra i giovani grazie ai nuovi mezzi di comunicazione globale e ai social network. Il partito democratico nazionale ha mantenuto il controllo sulla società egiziana per decenni ma Mubarak consentì e tollero la presenza di opposizioni politiche, tra cui quella dei fratelli musulmani i quali, rifiutando la lotta armata fin nel loro programma, hanno svolto, negli anni del Regime, la funzione di cerniera tra le istituzioni e le forze di opposizione, togliendo "materiale umano" ai gruppi violenti. La presenza di un gruppo estremista ha permesso a Mubarak di giustificarsi con i suoi elettori e con i suoi partner internazionali per i provvedimenti temporanei lesivi delle libertà fondamentali approvati tutti in nome del contenimento dell'estremismo islamico. Tutto è andato per il meglio fino al 2001. La lotta al terrorismo globale seguita agli attentati di New York ha portato alla rottura di quell'asse Usa-Egitto-Israele attorno cui si era abituato il medio oriente. Mubarak nel 2003 si dichiarò fortemente contrario alla guerra a Saddam Hussein (nel 1991 aveva partecipato direttamente al conflitto con gli americani) e rilanciò contemporaneamente la grande questione dei negoziati israelo-palestinesi così come è stato pronto a smarcarsi da ogni tentativo dell'amministrazione repubblicana americana di ipotecare un conflitto con la Siria di Assad. Non a caso fu ben lieto dell'elezione alla Casa Bianca di Barack Obama nel 2008 e con gioia lo accolse al Cairo dove il nuovo Presidente Usa tenne, all'università, il celebre discorso sulla democrazia che molti considerano il punto di partenza della primavera araba, la serie di rivolte che avrebbe condotto alla caduta del regime egiziano. Alla fine del 2010 l'Egitto di è infiammato. A gettare benzina sul fuoco la crisi economica internazionale che ha danneggiato le economie deboli del Nord Africa mettendo in difficoltà tutti i leader che, uno dopo l'altro, sono stati costretti alle dimissioni. Ben Alì, lasciato il potere è partito per l'esilio in Tunisia, Gheddafi ha subito l'invasione occidentale ed è stato ucciso durante la guerra. Mubarak, l'11 dicembre 2011 dopo una ventina di giorni di scontri in piazza Tahir, si dimise. L'ultimo faraone egiziano, la cui salute già era in condizioni precarie, scelse di non espatriare confidando, forse, nella mediazione dei militari che avrebbero ancora potuto riportarlo al potere. Invece i militari sostennero le rivolte e dal buen retiro di Sharm el Sheik gli agenti del governo provvisorio hanno provveduto ad arrestare l'ex Rais. Durante gli arresti Mubarak era stato colto da due infarti e aveva trascorso diversi mesi in terapia intensiva. Costretto ad assistere al processo si era fatto difendere e aveva pianto. Il 2 giugno, per gli scontri di Piazza Tahir, è stato condannato all'ergastolo. Il 20 sarebbe morto. La morte del Presidente non salva l'Egitto che si ritrova, a distanza di un anno e mezzo dalla caduta dell'odiato tiranno, con un Parlamento delegittimato dai militari e senza un Presidente dopo le recenti elezioni che, pur avendo visto il successo elettorale dei fratelli musulmani, non sono state convalidate dalla giunta militare che, di fatto, gestisce l'Egitto. Dopo il giudizio terreno a Mubarak non resta che aspettare il giudizio della storia.
FRANCO SELVAGGI
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