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giovedì 26 aprile 2012

Testimone di mafia costretta al suicidio, preso il fratello



Maria Concetta Cacciola
REGGIO CALABRIA - Era una donna ed è morta. Era una collaboratrice di giustizia ed è stata costretta a togliersi la vita. Maria Concetta Cacciola sotto la pressione dei familiari è deceduta dopo aver ingerito acido muriatico. A finire in manette, dopo una breve latitanza,  è stato il fratello,  Giuseppe Cacciola. Contro di lui un'accusa molto pesante: insieme ai genitori avrebbe indotto al  suicidio la sorella, testimone di giustizia.  Le forze dell'ordine lo hanno bloccato mentre usciva da un centro commerciale. L'uomo, 31 anni, aveva fatto perdere le sue tracce due mesi fa, quando il gip di Palmi, su richiesta della Procura, ne aveva ordinato l'arresto. Sono già in carcere il padre della donna, Michele Cacciola e la madre, Anna Rosalba Lazzaro. Ad indurre Maria Concetta al suicidio, secondo la Procura, sono state le pressioni dei parenti. La donna ha dovuto espiare la sua colpa. Un'unica colpa, cioè quella di rompere il muro di omertà e denunciare il fratello. Il calvario della donna è iniziato quando  con le sue dichiarazioni alla Dda di Reggio Calabria aveva svelato gli affari criminali della propria famiglia, consentendo ai carabinieri di arrestare undici affiliati alla cosca Bellocco e di scoprire due bunker utilizzati dai latitanti. Poi era ritornata a Rosarno per abbracciare i figli e prepare le pratiche che le avrebbero permesso di portare la sua famiglia in una zona protetta. Il "tradimento" alla famiglia è stato punito. Percosse, violenze e ricatti hanno costretto Maria Concetta ad ammazzarsi. La donna era figlia del cognato del boss Gregorio Bellocco, considerato uno dei capi dell'omonima cosca legata a quella dei Pesce.  Il suo atto di coraggio ricorda quello di Rita Atria, la collaboratrice che si tolse la vita dopo la morte di Paolo Borsellino. E le sue parole ancora echeggiano nella memoria di quanti raccontano, ricordano e combattono la mafia: « Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici; la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci. Borsellino sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta». 


Dorotea Landolfi

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