Lo scomparso Antonio Ghirelli
CASERTA – Ho avuto il grande onore di conoscere Antonio
Ghirelli nel 2009 mentre preparavo la mia tesi di laurea sulla politica estera
del Governo Craxi. Chi meglio di lui che aveva accompagnato in giro per il
mondo il leader socialista avrebbe potuto raccontare i retroscena e i momenti
più significativi di quella storia. E infatti così fu. Dopo un breve incontro
preliminare altri due appuntamenti durante i quali mi raccontò nei dettagli
come funzionava la macchina governativa sotto Craxi e tanti aneddoti su quella
esperienza. Mi colpirono due cose durante quegli incontri. Innanzitutto la
straordinaria lucidità dell’uomo, che ricordava fin nei minimi particolari ogni
aspetto di quel periodo e, sempre commosso, ricordava la figura di Pertini e
Craxi, che aveva seguito al Quirinale e a Palazzo Chigi come Capoufficio
stampa. L’altra cosa che trovai significativa fu che il suo studio era un vero
e proprio pezzo di Napoli. Libri, quadri, stampe e statuine, tutto ricordava la
sua città e credo di poter affermare con sicurezza che assieme al Calcio,
Napoli e la sua storia, fossero al primo posto nel suo cuore con la politica,
subito dopo gli affetti familiari. Per questo motivo l’apprendere della sua
scomparsa mi intristisce molto. Se ne va un pezzo di Napoli, un pezzo
importante, un pezzo positivo che ha voluto raccontare la storia e la cronaca
di una capitale con genuino senso di amore e affetto. Antonio Ghirelli era nato il 10 maggio 1922 e, nei suoi
racconti, gli si illuminavano gli occhi quando raccontava la bella città in cui
era nato. Nonostante gli anni del Regime ha sempre amato la libertà e non ebbe
mai problemi nel manifestare la sua opposizione al fascismo fino a quando nel
1942 entrò nel Partito Comunista Italiano, ancora clandestino, e divenne
partigiano. Con grandissima soddisfazione raccontava del suo addio al Pci
quando si rese conto, durante la rivoluzione ungherese del 1956 che la libertà
non stava in Unione Sovietica ("i comunisti ci odiavano per quell'addio, se avessero potuto ci avrebbero ucciso" mi disse). Nel Partito Socialista Italiano trovò la sua
naturale casa e fino alla fine si è dichiarato orgogliosamente socialista
disprezzando profondamente tutti quelli che erano rimasti ciechi e sordi
dinnanzi al grido di dolore dell’Ungheria. Questa separazione dal Pci lo portò
ad interrompere la sua collaborazione con l’Unità e con Paese Sera. Fin da
giovanissimo si era votato al giornalismo e, prima ancora come mi raccontò
divertito, curava la traduzione dei fumetti ai tempi dell’occupazione americana
assieme a quella che sarebbe diventata sua moglie. Come giornalista si occupò
prevalentemente di sport e lasciato Paese Sera divenne impaginatore della
Gazzetta dello Sport e, successivamente, fu chiamato alla direzione di
TuttoSport. All’altra grande passione, la politica, si dedicava tramite
collaborazioni alle testate “Sud”, “Nord e Sud” e il “Politecnico” fino a
quando non divenne capo redattore del quotidiano “Repubblica d’Italia” e
cominciò le collaborazioni con il Corriere della Sera e il Mondo. Fu poi
Direttore de “il Globo” e dal 1966 al 1977 diresse il “Corriere dello Sport”.
L’anno successivo la svolta con l’elezione alla Presidenza della Repubblica di
Alessandro Pertini.
Antonio Ghirelli sussurra qualcosa a Sandro Pertini
Ghirelli fu chiamato poche ore dopo il discorso di
insediamento del politico e subito accettò l’incarico che mai avrebbe
immaginato si sarebbe concluso in modo così rapido. Tra le dichiarazioni
estemporanee e non autorizzate la più celebre fu quella sulla Repubblica
Pertiniana. Di questo periodo passato al Quirinale Ghirelli ricordava il
momento in cui era stato chiamato a formare per la prima volta il Governo
Bettino Craxi. “Si presentò al Quirinale con gli abiti delle vacanze e Pertini
lo spedì a casa a cambiarsi dicendo che un Presidente doveva ricevere
l’incarico con un abbigliamento consono”. Passati due anni di attività al
seguito di Pertini la carriera di Ghirelli al Quirinale si interruppe a causa
di un comunicato diffuso dall’ufficio stampa del Presidente sulla questione
Donat Cattin. Indiscrezioni videro in Francesco Cossiga, all’epoca Ministro
degli Interni, l’autore di una azione volta a favorire il terrorista Marco
Donat Cattin (figlio del parlamentare Dc Carlo), Pertini voleva le dimissioni
del Ministro e dal suo Ufficio Stampa partì un comunicato in tal senso. “Mi
attribuii la colpa e lo feci per salvare un giovane collega perché Pertini era
infuriato. Pagai per lui e ne fui contento. Poi, dopo tre anni sarebbe stato lo
stesso Pertini a caldeggiare la mia nomina a capo ufficio stampa di Craxi a
Palazzo Chigi”.
Il leader socialista Bettino Craxi
“Craxi era un siciliano nell’origine e nei comportamenti. A
differenza di noi napoletani che siamo un po’ più "scapocchioni", da buon
siciliano era concreto e ostinato, due doti che tutti gli riconobbero durante
gli anni del suo Governo” mi disse Ghirelli durante la nostra intervista. Nel
1983 Craxi divenne Presidente del Consiglio e lui ottenne la guida del suo
ufficio stampa. In quella veste ha conosciuto tutti gli uomini più grandi del
pianeta e mi ha saputo fornire una immagine per ognuno di essi. Di Reagan mi
disse che era un grande attore, straordinario sulla scena del mondo ma
probabilmente manovrato da politici più autentici e capaci di lui. Gorbacev era
l’interlocutore naturale, un riformatore autenticamente interessato al
miglioramento delle condizioni del suo popolo. Il Generale Jaruzelski un
dittatore per forza, capace di slanci di apertura non indifferenti. E poi
Soares, Pinochet, Allende, Mitterand, Khol, la Tacher e gli italiani Andreotti, Cossiga, De Mita, Spadolini solo alcuni dei nomi che
ha incontrato nella sua attività. Nomi che, forse, alla maggior parte dei giovani non
dicono nulla ma che hanno fatto la storia mondiale degli ultimi 50 anni. La vicenda Donat
Cattin non gli aveva donato più controllo. Il suo entusiasmo incontenibile
riemerse al racconto dell’incontro tra Craxi e Schmidt, cancelliere tedesco.
“Durante il vertice si era discusso della politica nucleare e Craxi aveva
illustrato a Schmidt il progetto di denuclearizzazione dell’Europa che egli
aveva proposto suscitando il consenso di Usa e Urss. Scesi in sala stampa e
annunciai trionfale che il progetto stava proseguendo dimenticando che la
stampa non aveva ricevuto informazioni sull’iniziativa. Alla fine dell’incontro
i giornalisti chiesero spiegazioni al Presidente. Pertini mi avrebbe cacciato
100 volte – mi disse sorridendo – ma Craxi se la cavò con una battuta: Lo
sapete che Antonio ha la sua politica estera. Fenomenale”. Continuò così quel
rapporto fino al 1987 quando Craxi lasciò Palazzo Chigi.
Ghirelli fino alla fine ha continuato a nutrire una
spassionata fiducia nel leader socialista, un perseguitato, abbandonato a sé
stesso dalla politica italiana e anche dai suoi partner europei per le aperture
a Gorbacev e ai palestinesi. “E’ stato una vittima. Prendeva le tangenti come
tutti – mi confessò candidamente Ghirelli – ma con quei soldi non si arricchiva
come gli altri. Quei soldi erano spesi per finanziare l’opposizione alle
dittature, in Nicaragua, in Argentina, in Cile, in Afghanistan e in Africa.
Paesi dove Craxi era accolto con manifestazioni di giubilo che non venivano
raccontate in Italia”. Adesso che è morto posso dire con franchezza quanto da
lui rivelatomi in quell’incontro su Oscar Luigi Scalfaro, anche lui da poco
scomparso. “Scalfaro è stato una vera e propria carogna con i socialisti. E’
stato ministro degli Interni per 4 anni nel Governo Craxi, sapeva tutto e
conosceva tutti. Poi, in piena Tangentopoli parlò del Governo Craxi come di una
banda di ladri, proprio lui che in quella banda occupava un posto di primo
piano” sostenne Ghirelli confessandomi come la storia sarebbe stata diversa se
Scalfaro fosse stato onesto. “Da Presidente della Repubblica ha bloccato il
decreto Conso non tanto per fottere Craxi e i socialisti ma perché gli era
arrivata da Borrelli una telefonata con una domanda ben precisa: che ne facevi
dei 120 milioni che il Governo ti metteva a disposizione per la tua attività
(senza comunicare le motivazioni della spesa) da Ministro dell’Interno? Lui
riceveva quella somma secondo quanto stabilito dal Governo ma non ha mai
giustificato l’uso che ne faceva. Bloccò il Conso perché da Milano gli arrivò
l’avviso di non fare puttanate. Quello fu un errore tutto di Bettino che volle
Scalfaro perché si fidava ciecamente del suo ministro ma i vertici del Psi
volevano rieleggere Cossiga. Una scelta che alla fine ha rimpianto negli anni
di Hammamet”.
A seguito della parentesi craxiana Ghirelli continuò la sua
attività di giornalista sportivo e politico e ha collaborato fino all’ultimo
con le testate sportive. Nel frattempo ha portato avanti la sua attività di
scrittore pubblicando decine di libri, molti dei quali dedicati alla sua Napoli
come Storia di Napoli (1973), Napoli italiana (1977), Un’altra Napoli e Napoli
operaia(1993) e Donna Matilde (1995). Napoli oggi piange uno dei suoi più cari
figli. Mancherà ai suoi lettori e a chi lo ha conosciuto.
ROBERTO DELLA ROCCA
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