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domenica 1 aprile 2012

L'EDITORIALE/ Addio Ghirelli. Ricordo quando questo napoletano autentico mi raccontò i misfatti di Scalfaro

Lo scomparso Antonio Ghirelli

CASERTA – Ho avuto il grande onore di conoscere Antonio Ghirelli nel 2009 mentre preparavo la mia tesi di laurea sulla politica estera del Governo Craxi. Chi meglio di lui che aveva accompagnato in giro per il mondo il leader socialista avrebbe potuto raccontare i retroscena e i momenti più significativi di quella storia. E infatti così fu. Dopo un breve incontro preliminare altri due appuntamenti durante i quali mi raccontò nei dettagli come funzionava la macchina governativa sotto Craxi e tanti aneddoti su quella esperienza. Mi colpirono due cose durante quegli incontri. Innanzitutto la straordinaria lucidità dell’uomo, che ricordava fin nei minimi particolari ogni aspetto di quel periodo e, sempre commosso, ricordava la figura di Pertini e Craxi, che aveva seguito al Quirinale e a Palazzo Chigi come Capoufficio stampa. L’altra cosa che trovai significativa fu che il suo studio era un vero e proprio pezzo di Napoli. Libri, quadri, stampe e statuine, tutto ricordava la sua città e credo di poter affermare con sicurezza che assieme al Calcio, Napoli e la sua storia, fossero al primo posto nel suo cuore con la politica, subito dopo gli affetti familiari. Per questo motivo l’apprendere della sua scomparsa mi intristisce molto. Se ne va un pezzo di Napoli, un pezzo importante, un pezzo positivo che ha voluto raccontare la storia e la cronaca di una capitale con genuino senso di amore e affetto. Antonio Ghirelli era nato il 10 maggio 1922 e, nei suoi racconti, gli si illuminavano gli occhi quando raccontava la bella città in cui era nato. Nonostante gli anni del Regime ha sempre amato la libertà e non ebbe mai problemi nel manifestare la sua opposizione al fascismo fino a quando nel 1942 entrò nel Partito Comunista Italiano, ancora clandestino, e divenne partigiano. Con grandissima soddisfazione raccontava del suo addio al Pci quando si rese conto, durante la rivoluzione ungherese del 1956 che la libertà non stava in Unione Sovietica ("i comunisti ci odiavano per quell'addio, se avessero potuto ci avrebbero ucciso" mi disse). Nel Partito Socialista Italiano trovò la sua naturale casa e fino alla fine si è dichiarato orgogliosamente socialista disprezzando profondamente tutti quelli che erano rimasti ciechi e sordi dinnanzi al grido di dolore dell’Ungheria. Questa separazione dal Pci lo portò ad interrompere la sua collaborazione con l’Unità e con Paese Sera. Fin da giovanissimo si era votato al giornalismo e, prima ancora come mi raccontò divertito, curava la traduzione dei fumetti ai tempi dell’occupazione americana assieme a quella che sarebbe diventata sua moglie. Come giornalista si occupò prevalentemente di sport e lasciato Paese Sera divenne impaginatore della Gazzetta dello Sport e, successivamente, fu chiamato alla direzione di TuttoSport. All’altra grande passione, la politica, si dedicava tramite collaborazioni alle testate “Sud”, “Nord e Sud” e il “Politecnico” fino a quando non divenne capo redattore del quotidiano “Repubblica d’Italia” e cominciò le collaborazioni con il Corriere della Sera e il Mondo. Fu poi Direttore de “il Globo” e dal 1966 al 1977 diresse il “Corriere dello Sport”. L’anno successivo la svolta con l’elezione alla Presidenza della Repubblica di Alessandro Pertini.
 
Antonio Ghirelli sussurra qualcosa a Sandro Pertini

Ghirelli fu chiamato poche ore dopo il discorso di insediamento del politico e subito accettò l’incarico che mai avrebbe immaginato si sarebbe concluso in modo così rapido. Tra le dichiarazioni estemporanee e non autorizzate la più celebre fu quella sulla Repubblica Pertiniana. Di questo periodo passato al Quirinale Ghirelli ricordava il momento in cui era stato chiamato a formare per la prima volta il Governo Bettino Craxi. “Si presentò al Quirinale con gli abiti delle vacanze e Pertini lo spedì a casa a cambiarsi dicendo che un Presidente doveva ricevere l’incarico con un abbigliamento consono”. Passati due anni di attività al seguito di Pertini la carriera di Ghirelli al Quirinale si interruppe a causa di un comunicato diffuso dall’ufficio stampa del Presidente sulla questione Donat Cattin. Indiscrezioni videro in Francesco Cossiga, all’epoca Ministro degli Interni, l’autore di una azione volta a favorire il terrorista Marco Donat Cattin (figlio del parlamentare Dc Carlo), Pertini voleva le dimissioni del Ministro e dal suo Ufficio Stampa partì un comunicato in tal senso. “Mi attribuii la colpa e lo feci per salvare un giovane collega perché Pertini era infuriato. Pagai per lui e ne fui contento. Poi, dopo tre anni sarebbe stato lo stesso Pertini a caldeggiare la mia nomina a capo ufficio stampa di Craxi a Palazzo Chigi”.

Il leader socialista Bettino Craxi

“Craxi era un siciliano nell’origine e nei comportamenti. A differenza di noi napoletani che siamo un po’ più "scapocchioni", da buon siciliano era concreto e ostinato, due doti che tutti gli riconobbero durante gli anni del suo Governo” mi disse Ghirelli durante la nostra intervista. Nel 1983 Craxi divenne Presidente del Consiglio e lui ottenne la guida del suo ufficio stampa. In quella veste ha conosciuto tutti gli uomini più grandi del pianeta e mi ha saputo fornire una immagine per ognuno di essi. Di Reagan mi disse che era un grande attore, straordinario sulla scena del mondo ma probabilmente manovrato da politici più autentici e capaci di lui. Gorbacev era l’interlocutore naturale, un riformatore autenticamente interessato al miglioramento delle condizioni del suo popolo. Il Generale Jaruzelski un dittatore per forza, capace di slanci di apertura non indifferenti. E poi Soares, Pinochet, Allende, Mitterand, Khol, la Tacher e gli italiani Andreotti, Cossiga, De Mita, Spadolini solo alcuni dei nomi che ha incontrato nella sua attività. Nomi che, forse, alla maggior parte dei giovani non dicono nulla ma che hanno fatto la storia mondiale degli ultimi 50 anni. La vicenda Donat Cattin non gli aveva donato più controllo. Il suo entusiasmo incontenibile riemerse al racconto dell’incontro tra Craxi e Schmidt, cancelliere tedesco. “Durante il vertice si era discusso della politica nucleare e Craxi aveva illustrato a Schmidt il progetto di denuclearizzazione dell’Europa che egli aveva proposto suscitando il consenso di Usa e Urss. Scesi in sala stampa e annunciai trionfale che il progetto stava proseguendo dimenticando che la stampa non aveva ricevuto informazioni sull’iniziativa. Alla fine dell’incontro i giornalisti chiesero spiegazioni al Presidente. Pertini mi avrebbe cacciato 100 volte – mi disse sorridendo – ma Craxi se la cavò con una battuta: Lo sapete che Antonio ha la sua politica estera. Fenomenale”. Continuò così quel rapporto fino al 1987 quando Craxi lasciò Palazzo Chigi. 


Ghirelli fino alla fine ha continuato a nutrire una spassionata fiducia nel leader socialista, un perseguitato, abbandonato a sé stesso dalla politica italiana e anche dai suoi partner europei per le aperture a Gorbacev e ai palestinesi. “E’ stato una vittima. Prendeva le tangenti come tutti – mi confessò candidamente Ghirelli – ma con quei soldi non si arricchiva come gli altri. Quei soldi erano spesi per finanziare l’opposizione alle dittature, in Nicaragua, in Argentina, in Cile, in Afghanistan e in Africa. Paesi dove Craxi era accolto con manifestazioni di giubilo che non venivano raccontate in Italia”. Adesso che è morto posso dire con franchezza quanto da lui rivelatomi in quell’incontro su Oscar Luigi Scalfaro, anche lui da poco scomparso. “Scalfaro è stato una vera e propria carogna con i socialisti. E’ stato ministro degli Interni per 4 anni nel Governo Craxi, sapeva tutto e conosceva tutti. Poi, in piena Tangentopoli parlò del Governo Craxi come di una banda di ladri, proprio lui che in quella banda occupava un posto di primo piano” sostenne Ghirelli confessandomi come la storia sarebbe stata diversa se Scalfaro fosse stato onesto. “Da Presidente della Repubblica ha bloccato il decreto Conso non tanto per fottere Craxi e i socialisti ma perché gli era arrivata da Borrelli una telefonata con una domanda ben precisa: che ne facevi dei 120 milioni che il Governo ti metteva a disposizione per la tua attività (senza comunicare le motivazioni della spesa) da Ministro dell’Interno? Lui riceveva quella somma secondo quanto stabilito dal Governo ma non ha mai giustificato l’uso che ne faceva. Bloccò il Conso perché da Milano gli arrivò l’avviso di non fare puttanate. Quello fu un errore tutto di Bettino che volle Scalfaro perché si fidava ciecamente del suo ministro ma i vertici del Psi volevano rieleggere Cossiga. Una scelta che alla fine ha rimpianto negli anni di Hammamet”

A seguito della parentesi craxiana Ghirelli continuò la sua attività di giornalista sportivo e politico e ha collaborato fino all’ultimo con le testate sportive. Nel frattempo ha portato avanti la sua attività di scrittore pubblicando decine di libri, molti dei quali dedicati alla sua Napoli come Storia di Napoli (1973), Napoli italiana (1977), Un’altra Napoli e Napoli operaia(1993) e Donna Matilde (1995). Napoli oggi piange uno dei suoi più cari figli. Mancherà ai suoi lettori e a chi lo ha conosciuto.

ROBERTO DELLA ROCCA










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