NAPOLI – Non si può dare la colpa a Grillo se un comico genovese riempie le piazze, prende i voti e arriva ad occupare un seggio in Parlamento. Non si può dare la colpa a Grillo se a maggio alcuni signori, perfetti sconosciuti, siederanno nei consigli comunali di mezza Italia sotto l’insegna delle cinque stelle. Non si può dare la colpa a Grillo se il suo successo pare essere inevitabile. Stando all’ultimo sondaggio sulle intenzioni elettorali il Movimento 5 Stelle ha superato la soglia dell’ 8%. In pratica Grillo vale più di Casini e Antonio Di Pietro. Se domani si votasse, Grillo prenderebbe oltre 25 deputati e almeno 3 senatori. Un successo senza precedenti per quella che è una vera e propria lista civica. Nonostante il fatto che la colpa non sia di Beppe Grillo da Vetta d’Italia a Lampedusa si è aperta una caccia inusuale: quella al Grillo parlante. Ad aprire le danze è stato il Signor Presidente della Repubblica che il 25 aprile ha pubblicamente ammonito il comico: “Dobbiamo respingere gli assalti dei demagoghi e dell’antipolitica” ha attaccato Napolitano. Subito dopo si sono divertiti i partiti e quello che resta della politica in questo paese. Pierluigi Bersani, l’uomo che non vuole le elezioni soprattutto per evitare il rischio di vincerle, ha difeso Sua Maestà Giorgio I Napolitano: “Grillo ha risposto con insulti, non si permetta!”. Tonino “che c’azzecca” Di Pietro, dal canto suo, non poteva tacere: “Noi vogliamo costruire, lui vuole solo distruggere” ha dichiarato l’ex amico del Grillo parlante. Da destra sono arrivati commenti altrettanto duri. “Le invettive oltremodo offensive di Grillo contro gli avversari politici mi ricordano la violenza verbale di un tale Joseph Goebbels" ha avanzato il deputato Crosetto. Alemanno ha rincarato: “Grillo è un pagliaccio che spara a zero senza fare proposte serie, credibili e concrete”. Negli ultimi giorni anche il meridionalismo e il neo meridionalismo borbonico e non borbonico è in subbuglio. Beppe Grillo è un pagliaccio o non è un pagliaccio. Dice cose senza senso o fa proposte alternative. Insomma il popolo bue fa bene a fidarsi o no. Tutti giurano che Grillo è antipolitica. Tutti gridano allo scandalo. “Non passerà il Grillismo nazionale!”, almeno al Sud, sperano i leader meridionalisti. Ma il rischio concreto c’è. E torniamo al principio. La colpa non è di Grillo. I partiti politici hanno scelto una strada molto chiara, quella del suicidio. Alfano, Bersani e Casini sostengono un governo tecnico che è stato sconfessato dai veritici della finanza europea (Draghi in primis), sbugiardato dalla stampa internazionale (New York Times e Financial Times in testa), le cui politiche sono osteggiate dagli altri paesi (Obama è preoccupato per l’Europa dei tecnici, Hollande vuole rivedere le politiche lacrime e sangue, Olanda e Inghilterra sono più fuori che dentro l’Europa) e che viene puntellato solo da Napolitano e dalla Merkel. I partiti hanno smesso di fare politica ma pensano solo a rubare al prossimo. Da Nord a Sud non c’è un partito che possa dirsi estraneo al lavoro delle Procure. Pdl, Pd, Lega, Idv, Sel, e Udc tutti uniti nell’arraffare, tutti uniti nel non dare risposte politiche alla crisi. Grillo si approfitta del malcontento. Non è colpa sua se c’è malcontento e astio contro la politica. E stesso dicasi per il meridionalismo. Piuttosto che pregare affinchè Grillo non catalizzi l’attenzione delle masse meridionali su di lui, è bene domandarsi perché gli elettori, anche al Sud, sono tentati dal dare il proprio voto a Grillo? Quali sono stati gli errori della classe politica meridionalista? Questi e altri temi approfondiremo nei prossimi giorni con una serie di interviste mirate ai leader dei movimenti politici meridionalisti, che precederanno le elezioni di maggio.
FAUSTO DI LORENZO
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