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sabato 31 marzo 2012

L'addio del "fido Emilio" ma, per favore, non spariamo sulla croce rossa




ROMA - Il “Fido Emilio” se n’è andato, catodicamente parlando. E’ un po’ come se fosse caduto il muro di Berlino anche se siamo a Cologno Monzese. L’ultimo highlander del berlusconismo televisivo è stato licenziato proprio dall’azienda del Caimano dopo un periodo di tira e molla mediatico e scandalistico che ha visto l’ormai ex direttore del Tg4 al centro di intercettazioni telefoniche scomode, indagini da pettegolezzo di parrucchiere e, ultimo caso, tentativi di fuga di capitali verso la Svizzera. Quanto di vero e quanto di falso ci sia non è, ancora, dato sapere. Ci teniamo a non sparare sulla croce rossa come qualche collega ben più accreditato ha già cominciato a fare nonostante gli “imbroglioncelli” siano dappertutto. Ci teniamo ancor di più a considerare i meriti di Emilio Fede che passano inosservati seppelliti da venti anni in cui si è limitato (purtroppo per lui ma anche per i telespettatori) a fare da direttore di un telegiornale di nicchia schiacciato sulle posizioni dell’ex Premier Silvio Berlusconi. Meriti che vanno considerati incontestabili, frutto di 60 anni di carriera che lo hanno visto ai vertici del giornalismo italiano nonché stimato da colleghi e professionisti già più importanti, primo tra tutti Enzo Biagi.

Berlusconi e Fede in una foto del 1994

LA CARRIERA
I suoi inizi nella carta stampata sono al Mattino di Roma da dove poi prende il volo per Torino dove entra alla Gazzetta del Popolo passando, nel 1954, alla televisione con la Rai. Sposa Diana De Feo, figlia del vicepresidente Rai Italo e per scrollarsi di dosso l’etichetta di “ammogliato speciale” accetta di recarsi in Africa per otto anni dove realizza servizi puntuali da 40 paesi del continente nero dove erano in corso le prime guerre civili del periodo post coloniale. Grazie a quella attività entra nella redazione di TV7, settimanale di approfondimento del Tg1, dal 1976 diventa conduttore del telegiornale e dal 1981 ne diventa direttore, carica che mantiene fino al 1983 quando passa alla conduzione del programma Test. Nel 1987 la Rai non gli rinnova il contratto e due anni dopo cede alle lusinghe berlusconiane rendendosi autore della sua più grande opera giornalistica: la fondazione dell’informazione privata che muove i primi passi con VideoNews e con Studio Aperto, di cui Fede è il primo direttore. E’ una svolta epocale, oggi incomprensibile nell’era di internet, dei satelliti e del digitale terrestre. Nel 1993 la svolta, forse non condivisibile ma certamente coraggiosa. Rinunciando alla caratteristica imparzialità, elemento centrale del ruolo giornalistico, diventa direttore del Tg4, giornale creato a immagine e somiglianza di Silvio Berlusconi e, abdicando al ruolo giornalistico, diviene l’editorialista perenne del Telegiornale che trasmette e veicola le sue opinioni, parallele, ovviamente, a quelle di Berlusconi. Per molti è l’inizio della fine del vero giornalista. Le cose vanno bene fino a quando il Cavaliere è rimasto in sella. Certo è che, nonostante l'amicizia tra i due, la fine di Berlusconi è stata la fine di Fede il quale, da quando è caduto il Governo del Capo, ha progressivamente perso smalto.

Emilio Fede durante la diretta di Studio Aperto sulla guerra del Golfo

GLI SCOOP E I SERVIZI
A parte i 40 servizi africani, l’attività di Emilio Fede è costellata di scoop e servizi giornalistici di rilievo, per quanto poco conosciuti. A Tv7 si distinse per una inchiesta sulle conseguenze dell’uso degli ormoni usati per la crescita dei bovini e sui relativi danni sulla salute umana. Come direttore del Tg1 seguì la lunga diretta della vicenda di Vermicino e del Piccolo Alfredino Rampi, caduto in un pozzo e morto prima di essere salvato. Sempre dal Tg1 ha raccontato della strage di Ustica e del rapimento e morte di Aldo Moro. Da Mediaset (allora Fininvest) ha lanciato la diretta dall’Iraq annunciando lo scoppio della Prima Guerra del Golfo, la questione della cattura in Iraq dei militari Cocciolone e Bellini, e ha raccontato la stagione turbolenta di Tangentopoli. Nel 1994, quasi alle lacrime, annunciò la vittoria di Berlusconi “contro tutti e contro tutto” come ebbe a dire e da allora fu tutta un’altra storia.

Emilio Fede "indossa" il cartello che comunica la sanzione dell'Autorità
per le comunicazioni che aveva sanzionato il suo Tg per faziosità. Alle sue spalle
l'ex Miss Italia e "meteorina" Eleonora Pedron


SCANDALI E ALTRE AMENITA’
Accanto ad una lunga carriera sono numerosi gli spunti comici e le questioni scandalistiche che hanno accompagnato Emilio Fede. Dell’ex direttore del Tg4 si ricorda spesso la sua passione per il gioco d’azzardo tanto che nel 1987 venne coinvolto in una vicenda giudiziaria ad esso legato e questo fu uno dei motivi per cui la Rai non gli rinnovò il contratto. Da quella vicenda fu poi assolto pienamente. Con la giustizia ha ancora a che fare negli ultimi anni per via del caso Ruby e del recentissimo presunto viaggio in Svizzera. Tra i soprannomi, il suo matrimonio con la De Feo gli valse quelli di “ammogliato speciale” e “genero di prima necessità”. Per le spese in Africa, accreditate sul conto Rai, i colleghi lo appellarono “Sciupone l’Africano”.  I commenti sul direttore del Tg4 sono stati spietati e offensivi, e li tralasciamo segnalando che erano riferiti, ovviamente, alla sua scarsa imparzialità. Fu criticato per questa sua caratteristica e accusato di spostare 2 milioni di voti a favore di Berlusconi. L’autorità per le comunicazioni lo ha più volte multato per il mancato rispetto della par condicio. Celebri le sue sfuriate televisive fuori e in onda. Memorabili gli scontri con Pietro Ricca, supporter milanese di Beppe Grillo, con il disturbatore televisivo Gabriele Paolini, le foto ridicoleggianti Romano Prodi e gli altri avversari di Berlusconi, le critiche a Roberto Saviano e quelle al comune di Venezia nella trasmissione "Sipario Notte", evento che gli valse una querela per diffamazione.

Fede è stato un guru della televisione. Giornalista discusso, animatore delle feste e, come si racconta, dei festini, signore del berlusconismo televisivo, provocatore sensibile alle provocazioni (e al fascino femminile), irascibile e suscettibile. Inventore del meteorinismo televisivo e patron di numerose vallette e valletti.  La fine del Berlusconismo è causa del crollo del muro di Cologno, inevitabile. Non lascia vuoti da riempire. E’ più corretto dire che occupava un posto ormai privo di senso. Impossibile da riciclare. Impossibile ancor di più proporlo come imparziale direttore di una nuova stagione di informazione con nuovo governo sia esso “tecnico” o “politico”. L’unica scelta possibile è quella adottata. Allontanamento a metà strada tra licenziamento e dimissioni. Emilio lascia orfani lo zoccolo duro da un milione di telespettatori Berlusconiani impenitenti, da oggi alla ricerca di una nuova collocazione come spettatori dell’etere televisivo e anche politico.

PAOLO LUNA 

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