PALERMO - A volte ritornano! E pare che
anche questa volta ci siamo. Stiamo parlando del Movimento dei Forconi, l’unico
gruppo che è stato capace, in alleanza con autotrasportatori e braccianti
agricoli, di bloccare l’Italia come non si vedeva da tempo (e con molta
ragione, tra le altre cose!). Molti pensavano che avessero riposto il forcone.
Non è così, in verità non è mai stato così. Una volta costretti a tornare a
casa dalle minacce del Governo, il movimento dei forconi si era soltanto
trasferito dai caselli autostradali alle città. In particolare il cuore della
protesta sull’isola si era trasferito a Palermo, davanti a Palazzo dei
Normanni, sede dell’Assemblea Regionale Siciliana. Il presidio è andato avanti
per giorni prima che i vertici del movimento fossero ricevuti dai
rappresentanti dell’amministrazione. Sono stati Francesco Cascio (Presidente
dell’Ars), Gaetano Armao (assessore al Bilancio) e Pier Carmelo Russo (titolare
della delega alle Infrastrutture) a fare gli onori di casa mentre il
Governatore Lombardo riceverà i “forconi” solo mercoledì prossimo. Al centro
del problema il costo della benzina e la lotta ai provvedimenti anti – crisi assunti
a livello centrale. Provvedimenti, norme e leggi che danneggiano le fasce più
esposte della popolazione. Malgrado i sondaggi dei cortigiani di turno
indichino la popolarità di Mario Monti e del suo Governo alle stelle, la realtà
è ben diversa. Il disagio è percettibile ovunque. La classe media è sparita, la
borghesia imprenditoriale si sta spartendo i panni di Cristi con la benedizione
del Governo e l’assenza della politica. Nessuno pare in grado di porre un
argine a questa escalation e i forconi sono decisi a riprendere la protesta. Il
fantasma torna a fare paura nei palazzi del potere e Mariano Ferro, leader del
movimento assieme a Francesco Calderone, Martino Morsello, Franco Crupi,
Giuseppe Scarlata, Giuseppe Richichi e don Giuseppe Di Rosa (sacerdote
considerato l’ideologo del movimento), ha già annunciato che in settimana
riprenderanno le azioni di protesta a fronte dell’incapacità del Governo
nazionale di dare le risposte necessarie. Obiettivo questa volta non saranno i
caselli autostradali ma le raffinerie di petrolio, in primis quelle di Priolo e
Gela da dove parte tutta la benzina che viene distribuita al Nord.
“Vogliamo
bloccare ogni cosa che parte per il Nord, il petrolio raffinato per primo.
Prima fermeremo i tir che vanno nel resto d’Italia, poi valuteremo la
possibilità di bloccare anche quelli che vanno in Sicilia. Abbiamo bisogno di
risposte immediate” ha dichiarato Ferro. E non è soltanto una minaccia. Le
Questure siciliane hanno infatti ricevuto formale comunicazione da parte del
Movimento dell’avvio delle proteste e, a giudicare da quanto si è visto nelle
scorse settimane c’è da pensare che non si scherza. A seguito dei forconi
numerosi sono gli allevatori e gli autotrasportatori che hanno già dimostrato
la loro intenzione di seguirli nella protesta. L’accordo tra Unione Europea e
Marocco sull’importazione dei prodotti agricoli è stata una chiara offensiva della
tecnocrazia europea al popolo siciliano (e meridionale in generale) che
protesta. La questione è rimasta insoluta mentre la classe politica, o meglio
quello che ne rimane, cerca soluzioni di compromesso. La questione dei forconi si inserisce in una
più grande e grave situazione siciliana ormai prossima alla cancrena. Con
28mila dipendenti (precari e non), la Regione Sicilia è una delle imprese più
grandi del Paese (la prima dell’isola), una azienda enorme con troppi difetti
che ne impediscono il corretto funzionamento. La colpa primaria è della
politica dell’isola fatta di molti compromessi e poca sostanza. La critica più
feroce che si rivolge a Diego Cammarata, dimissionario sindaco di Palermo (dopo
dieci anni di amministrazione è stato sconfessato da tutti i suoi sostenitori
da Lombardo come da Miccichè, dal Pdl all’Udc), è quello di essere “il niente
mischiato col nulla”, un non sindaco, un non politico. E tanti sono i Cammarata
dell’isola che vegetano e divorano le potenzialità di una nazione offesa dalla
storia e dalla politica. Per questo motivo i forconi riescono ad avere presa
sulla popolazione siciliana. Una popolazione stanca di essere male
amministrata. Non a caso i soloni della “grande nazione italiana” hanno
cominciato la loro opera di damnatio memoriae cominciando a descrivere una
quotidianità fatta di malaffare, trasformismo e nullafacenza. Due i massimi esempi
di questo semplicistico modo di descrivere una realtà complessa come la Sicilia
del nuovo millennio: Paolo Flores D’Arcais e Aldo Cazzullo. Agli antipodi per
posizione politica ma entrambi elitari. Gauche caviar, il primo, liberale da
salotto buono torinese il secondo, si sono entrambi avventurati in una critica
alla Sicilia dei forconi, molto fantasiosa e poco onesta, praticamente ingiusta
e denigratoria.
Il primo a parlare è stato Paolo Flores D’Arcais all’epoca dell’operazione
“vespri siciliani” (la protesta di fine gennaio). Sul Fatto Quotidiano azzardò
un parallelo con la rivolta di Reggio Calabria del 1970 e scrisse: “L’esasperazione
popolare non sempre diventa rivolta democratica, può anche precipitare in
vandea reazionaria. Che nella Sicilia del dopoguerra ha sempre trovato a
disposizione gli emblemi accattivanti ma pericolosamente retrivi dell’indipendentismo,
brodo di coltura per l’egemonia mafiosa”. In una sola affermazione troppe
menzogne. Innanzitutto la confusione del parallelismo. La rivolta di Reggio fu
una protesta politica dovuta alla scelta del capoluogo regionale e fu una
manifestazione di contrasto al governo fortemente politicizzata (protagonista
indiscusso dell’operazione fu il Movimento Sociale Italiano). La rivolta dei
forconi è, da questo punto di vista, molto più “terra terra” di quello che si
possa pensare perché nasce dalla povertà crescente e dalla paura per l’incerto
e instabile futuro. Motivazioni di ordine sociale ed economico e non politiche.
Non a caso, il movimento dei forconi ha sempre respinto ogni tentativo di
tutela politica avanzato dalle varie formazioni politiche e ha attaccato
duramente la posizione del Governatore Lombardo. Secondariamente sbaglia nell’analisi
storica quando parla dell’indipendentismo siciliano come del brodo dove nasce
la mafia. Sbaglia, e basta ricordare le parole di Buscetta al processo quando
il pentito si vantava di come la sua famiglia e la mafia avesse contribuito a
unire l’Italia (distruggendo l’indipendenza della Sicilia e del Sud,
aggiungiamo noi!). Ma cosa ci si poteva aspettare da Flores D’Arcais, detto “Marchese
Sanculotto” o “Saint Just de noantri”. Se è vero che solo i fessi non cambiano
idea, Paolo Flores D’Arcais è l’uomo più intelligente del pianeta. Nel corso
della sua vita è stato infatti esponente del Pci, trozkista convinto, animatore
del Manifesto contro il Pci, socialista con Craxi (che lo fece diventare
direttore di Mondo Operaio), radicale con Pannella (contro lo strapotere dei
giudici) e sostenitore del Pool di Mani Pulite (contro i principi radicali e
contro Craxi), fan dei Verdi di Ripa di Meana (altro orfano del Psi craxiano) e
vicino al Pds di Occhetto e D’Alema, poi nella Rete di Orlando e leader del movimento
dei Girotondi (contro D’Alema e la sinistra di governo Ds – Pd). Oggi è
scomparso dal panorama politico salvo i suoi bimestrali interventi sulla stampa
amica e sulla sua rivista Micromega dove ci regala il tipo di perle che abbiamo
visto sui forconi.
Il secondo soggetto, Aldo Cazzullo (e il nome dice già tutto)
agisce, a differenza di D’Arcais, in modo un po’ più rustico non
filosofeggiando ma attaccando le storie personali dei forconi. Definisce, anche
lui in modo errato, “jacquerie” la protesta dei forconi e, dalle colonne del
Corrierone Nazionale sputa sentenze. Martino Morsello, che ha ideato il simbolo
dei forconi, 57 anni, non va bene perché è stato assessore comunale a Marsala
ai tempi del Psi. E si va ai pruriti personali. “Vive in camper con la moglie.
Tre figli, tutti disoccupati. Fondatore di un allevamento di orate finito male.
Esposti al prefetto e processi in corso contro le banche e la Serit, versione
isolana dell’Equitalia” questa la descrizione di Cazzullo che non aggiunge e
non toglie niente sulla giustezza della protesta ma serve a “fare ammuina”. Per
il piemontese giornalista Palermo ha paura dei forconi perché dietro alle facce
pulite di Rossella Accardo (vedova di Antonio Maiorana e madre di Stefano
entrambi uccisi dalla mafia) si nascondono, nientemeno, che gli ex galeotti
dell’Ucciardone impiegati nelle cooperative sociali. Insomma si continua con la
superficialità e con il non voler vedere la realtà delle cose. Il malcontento c’è
perché manca la politica e persiste la criminalità. Criminali non sono i
forconi. Criminali sono i signori di Roma e Bruxelles che continuano a
governare infischiandosene del Sud e della Sicilia. E lo sono pure i servi di
penna che sputano fango senza alcuna vergogna.
FAUSTO DI LORENZO
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