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domenica 13 novembre 2011

Nel "Bollettino armi antiche 2011", il contributo del ricercatore messinese Armando Donato


MESSINA - E’ stato pubblicato nel mese di ottobre “Armi Antiche 2011, Italia 150”, il bollettino dell’Accademia di San Marciano di Torino (Chiaromonte editore), importante associazione di studiosi di storia militare, armi antiche, vessillologia, uniformologia e altre discipline collegate alla storia militare. Fondata nel 1951, l’Accademia di San Marciano dal 1953 pubblica annualmente il Bollettino “Armi Antiche”. Unico in Italia in tale settore e ritenuto tra i migliori in tutto il mondo, come attesta la sua presenza nelle biblioteche dei maggiori musei, istituti e dipartimenti d’Europa e d’America, esso accoglie articoli di ricercatori italiani e stranieri, spesso tra i maggiori collezionisti ed esperti di armi antiche, ordinari e conservatori di armerie. Quest’ultimo bollettino è dedicato, come si evince dal titolo, al centocinquantesimo anniversario dell’Unità politica d’Italia. La storia militare, l’aspetto militare della storia, ha rivestito un ruolo importante sia nella formazione dell’identità italiana in epoca moderna sia nei fatti che portarono alla costituzione di uno stato unitario nel 1861. L’approccio degli studiosi è, come specificato in un articolo introduttivo, «trattando le fonti sine ira et studio (come del resto la metodologia della ricerca storica impone), sicuramente senza rumori che attirino particolarmente l’attenzione» (p.6).
Si trova così in questo bollettino, stampato a Torino e diffuso come già detto in tutto il mondo tra gli esperti del settore, un consistente saggio dello studioso messinese Armando Donato dal titolo “Artiglierie ad avancarica a Messina; Storia e caratteristiche” che tocca da vicino la nostra città trattando dei tre cannoni navali ad avancarica recuperati dall’Amministrazione Comunale di Messina nel gennaio 2010 tra le sabbie di Capo Peloro.
E’ bene ricordare a tal proposito, prima di iniziare a parlare dello studio di Armando Donato, che l’ipotesi circa l’uso di questi cannoni da parte delle truppe garibaldine a Capo Peloro, è stata avvalorata in una “scheda tecnica” a cura del Museo Storico di Forte Cavalli, divulgata da stampa e media locali nonché in varie manifestazioni in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia.
A conclusione di tale scheda tecnica veniva comunque affermato: «Riteniamo comunque che a nulla giova disquisire sulla proprietà militare dei cannoni di Capo Peloro e su chi ne fece un ultimo uso». Affermazione che di fatto lasciava aperte problematiche di epistemologia della storia riguardo il fine di ogni ricerca storica: se in definitiva sia importante o meno la ricostruzione della verità dei fatti. In ogni caso Armando Donato, pur tenendo presente la “scheda tecnica” e per nulla accennando a tale frase (qui riportata per ricordare al lettore gli studi già condotti fino ad ora sui tre cannoni recuperati) comincia una propria ricerca, condotta con metodo e perizia tecnica, che trova suo compimento nel saggio in questione che si trova da pagina 37 a pagina 87 del bollettino dell’Accademia di San Marciano.
Armando Donato offre una puntuale analisi dei tre cannoni partendo dal basilare esame dei contesti storici, dei luoghi e l’approfondimento di alcune tematiche emerse durante la ricerca. Il saggio propone una credibile ricostruzione delle origini di tali artiglierie, attraverso precise considerazioni su misure e marchi presenti, sulla storia dei luoghi del recupero e la difficoltà di individuare una appartenenza certa in assenza di indizi chiari. L’autore data i reperti al periodo tra la fine del XVII e i primi decenni de XVIII secolo, escludendo l’utilizzo garibaldino a causa della loro vetustà e inutilità nel 1860. A tal proposito l’autore chiarisce la questione con un’ampia digressione sulle vicende risorgimentali a Messina e a Capo Peloro, riportando un gran numero di fonti e dettagli tecnici utili. Questo ampio spaccato sui fatti risorgimentali costituisce una sorte di “saggio dentro il saggio” offrendo anche una bella ricostruzione, dal punto di vista militare, della storia dell’abitato di Torre Faro e relative fortificazioni, sin dagli ultimi decenni del Seicento. L’autore inoltre, invitando alla cautela in assenza di prove certe in un settore molto delicato e complesso come quello delle artiglierie ad avancarica, affronta alcuni nodi difficili da sciogliere o forse che si riteneva a torto già sciolti con troppa facilità, come la questione dell’occlusione delle bocche, l’identificazione dei resti dello stemma con corona reale presente sul più grande dei tre cannoni, la decifrazione dei marchi e dei segni presenti sulle artiglierie, spesso non documentati dai comunicati ufficiali. Proprio in questi punti le tesi di Armando Donato si distanziano in modo significativo da quelle esposte nella già citata “scheda tecnica”, offrendo un quadro molto più complesso e completo.
Sarebbe impossibile in una recensione elencare e descrivere con precisione i risultati della ricerca di Armando Donato, non si può dunque far altro che rimandare alla lettura del saggio tenendo presente la scientificità con cui è stato realizzato. La notizia, certamente non irrilevante, è quella di un interesse crescente verso la nostra città e la relativa domanda di cultura e notizie storiche da parte di realtà scientifiche lontane. Interesse purtroppo non accompagnato da un adeguato supporto da parte delle istituzioni locali che spesso si approcciano con superficialità a tematiche culturali.
Per le artiglierie in questione ad esempio l’autore segnala un restauro superficiale e l’errata ricostruzione degli affusti. Auspica inoltre una maggiore e reale valorizzazione e fruizione sia di queste come delle altre artiglierie presenti in città, spesso in stato di abbandono all’aperto, esposte all’azione erosiva degli agenti atmosferici, piuttosto che in un adeguato museo tematico.
In conclusione si consiglia la lettura del saggio sia ai cultori di storia militare sia a coloro che volessero avvicinarsi alla storia per comprenderne la complessità, e notare come anche da reperti solo apparentemente marginali possa esser prodotta cultura in modo serio, chiaro ed efficace.

Antonino Teramo

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