Gli scontri di ieri (dal sito lettera43.it)
ROMA – La protesta degli indignados italiani non ci è
piaciuta per niente e non solo per la degenerazione violenta in cui si è
conclusa la giornata. A differenza di quanto successo nelle altre 80 città
mondiali, dove i manifestanti sono scesi in strada principalmente per
contrastare lo strapotere della grande finanza e l’incalzare dell’usura di
stato, in Italia gli indignati si sono fatti trascinare nel solito teatrino,
squallido e ormai un po’ troppo usurato, dello scontro politico. Ma che la
giornata dovesse finire male era nell’aria. Aveva cominciato l’ex Governatore
della Banca d’Italia, e ora primo uomo della Banca Centrale Europea, Mario
Draghi, in pratica il primo a doversi sentire sul banco degli imputati dei
manifestanti. Invece Draghi si è lasciato andare ad un insolito apprezzamento: “Hanno
ragione. I giovani, hanno ragione a prendersela con la finanza come capro
espiatorio”. Un po’ come se Goering a Norimberga avesse dato ragione ai suoi
accusatori. Poi il Draghi pensiero si è fatto oscuro. “Siamo arrabbiati noi
contro la crisi, figuriamoci loro che hanno venti, trent’anni”. Di cosa
dovrebbero essere arrabbiati i signori banchieri non è dato sapere. A
cominciare dal 2008 i responsabili della più grande crisi finanziaria ed
economica internazionale dal 1929 sono stati ricoperti di denari pubblici dai
governi degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, e si permettono anche di
definirsi arrabbiati? Gli indignados italiani hanno invece risposto, è bene
ripeterlo, in modo sbagliato. Alla protesta contro i signori banchieri e contro
l’usura di stato si sono sommate le tante piccole proteste che nel corso degli
ultimi anni hanno infiammato, ora a nord ora a sud, la penisola. Non mancava
nessuno. In prima fila i manifesti contro il governo, seguivano i no Tav dalla
Val di Susa, i contrari alla base Usa a Vicenza, i contrari al tram a Firenze,
i proprietari delle case del centro storico dell’Aquila, i disoccupati
organizzati, i lavoratori in cassa integrazione, i pensionati preoccupati di
perdere tutto. Insomma invece di essere una grande massa di giovani in ansia
per il proprio futuro il corteo di Roma (al netto della violenza di 200
imbecilli) è stata la fusione delle tante piccole proteste localistiche e delle
quotidiane polemiche politiche. Nei giorni scorsi l’Opa per la
strumentalizzazione del corteo era stata lanciata dall’opposizione
parlamentare. L’anonimo Bersani aveva dichiarato di comprendere le motivazioni
della protesta, motivazioni che ovviamente risiedevano nell’esclusiva volontà
di abbattere il Governo. Vendola e un redivivo Diliberto avevano fatto seguito:
“La manifestazione è una spinta per lottare ancora di più contro Berlusconi e
il suo Governo”. Immancabile Di Pietro, che profetizzava un mese fa: “Prima che
ci scappi il morto, mandiamo a casa questo Governo” e dal Fli c’era chi
sosteneva che la colpa del clima fosse dell’ectoplasma Berlusconi che non aveva
mollato la presa. A questa operazione di falsificazione non ci stiamo.
Innanzitutto la protesta doveva rimanere pacifica, come la maggior parte dei
partecipanti voleva. In secondo luogo non bisogna mai dimenticare che le
motivazioni della protesta, a livello mondiale, sono rivolte contro la grande
finanza. Contro Draghi che “capisce” (o fa finta di capire?) e Soros che scende
in piazza a Wall Street con i manifestanti (non è un refuso, è successo davvero!).
Perché l’operazione che stanno mettendo in campo è semplice. Adesso montano la
protesta, cercano di dimostrarsi dalla parte della povera gente, a difesa dei
più deboli. Loro, i finanzieri e gli usurai di stato che hanno tentato, tentano
e continueranno a tentare di arricchirsi sempre di più a scapito della povera
gente. Per questo la protesta di Roma non ci è piaciuta. Da una lato, rafforza
in noi la convinzione che, ancora una volta, in questo paese manchi l’unità
persino nella protesta ma, dall’altro lato, dimostra come ancora sia immaturo
il popolo trascinato nell’assurda polemica tra filo governativi e non mentre il
paese crolla e il mondo cambia.
Roberto Della Rocca
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