Periodico di attualità, politica e cultura meridionalista

sabato 30 giugno 2012

Il blu e il nero. E' tutto oro quello che luccica?


NAPOLI - "Chist'è 'o paese d' 'o sole, chist'è 'o paese d' 'o mare…" nelle parole di Libero Bovio si sente il fragore delle onde che si scontrano contro le spiagge del golfo di Napoli. L’affezione dei campani al mare è spesso causa di poca obiettività nel valutarlo, ma quando a dar ragione sono degli imparziali danesi, la soddisfazione è comprensibile. La Fondazione internazionale per l’educazione ambientale assegna ogni anno le “Bandiere blu”, con cui si intende premiare il connubio tra mare pulito e servizi turistici ottimali di località balneari di tutto il mondo (accettando delle candidature che provengono dalle località stesse): un tale vessillo in termini di marketing è di un certo peso. Ma evidenziando solo gli alti del territorio campano, non mostra una panoramica su quelle che sono invece le problematiche. In questo, è l’Agenzia Regionale Protezione Ambiente Campania, a venirci in aiuto con il monitoraggio di tutte le acque di balneazione campane. Tra le luci più brillanti, mettendo insieme tutti i dati, sono da osservare le coste del Cilento (premiata ancora una volta la Castellabate conosciuta dal grande pubblico con Benvenuti al Sud), l’entrata tra le bandiere blu di Anacapri che attesta l’arcipelago campano come una delle perle che rende Napoli la capitale del Mediterraneo, e la rivalsa del litorale domitio, per Arpac al 90% balneabile. Le ombre non mancano: la più grande è la foce del fiume Sarno. La mancanza di un sistema fognario efficiente, il mancato smaltimento degli scarichi domestici e industriali della zona prossima al fiume l’ha portato a essere uno dei fiumi più inquinati d’Italia. Così, tutta l’area costiera da Torre del Greco a Castellamare di Stabia, è impraticabile. Ombre, però, anche nelle valutazioni della Fee. L’organizzazione assegna una delle 13 bandiere blu ad Agropoli, che presso la foce del fiume Testene presenterebbe, per l’Arpac, una presenza di coliformi fecali oltre la soglia prevista dalla normativa vigente. La Fee non se ne è forse accorta? Questa è un’ombra nella valutazione che andrebbe quantomeno spiegata dalla fondazione: i dati danno un informazione distorta all’utente che li utilizza, a vantaggio, forse, di un qualche amministratore. Certamente non a vantaggio del buon senso.

SALVATORE FAVENZA

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