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sabato 15 ottobre 2011

L'EDITORIALE/ La protesta (che non ci piace) e il Draghi che "capisce"


Gli scontri di ieri (dal sito lettera43.it)

ROMA – La protesta degli indignados italiani non ci è piaciuta per niente e non solo per la degenerazione violenta in cui si è conclusa la giornata. A differenza di quanto successo nelle altre 80 città mondiali, dove i manifestanti sono scesi in strada principalmente per contrastare lo strapotere della grande finanza e l’incalzare dell’usura di stato, in Italia gli indignati si sono fatti trascinare nel solito teatrino, squallido e ormai un po’ troppo usurato, dello scontro politico. Ma che la giornata dovesse finire male era nell’aria. Aveva cominciato l’ex Governatore della Banca d’Italia, e ora primo uomo della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, in pratica il primo a doversi sentire sul banco degli imputati dei manifestanti. Invece Draghi si è lasciato andare ad un insolito apprezzamento: “Hanno ragione. I giovani, hanno ragione a prendersela con la finanza come capro espiatorio”. Un po’ come se Goering a Norimberga avesse dato ragione ai suoi accusatori. Poi il Draghi pensiero si è fatto oscuro. “Siamo arrabbiati noi contro la crisi, figuriamoci loro che hanno venti, trent’anni”. Di cosa dovrebbero essere arrabbiati i signori banchieri non è dato sapere. A cominciare dal 2008 i responsabili della più grande crisi finanziaria ed economica internazionale dal 1929 sono stati ricoperti di denari pubblici dai governi degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, e si permettono anche di definirsi arrabbiati? Gli indignados italiani hanno invece risposto, è bene ripeterlo, in modo sbagliato. Alla protesta contro i signori banchieri e contro l’usura di stato si sono sommate le tante piccole proteste che nel corso degli ultimi anni hanno infiammato, ora a nord ora a sud, la penisola. Non mancava nessuno. In prima fila i manifesti contro il governo, seguivano i no Tav dalla Val di Susa, i contrari alla base Usa a Vicenza, i contrari al tram a Firenze, i proprietari delle case del centro storico dell’Aquila, i disoccupati organizzati, i lavoratori in cassa integrazione, i pensionati preoccupati di perdere tutto. Insomma invece di essere una grande massa di giovani in ansia per il proprio futuro il corteo di Roma (al netto della violenza di 200 imbecilli) è stata la fusione delle tante piccole proteste localistiche e delle quotidiane polemiche politiche. Nei giorni scorsi l’Opa per la strumentalizzazione del corteo era stata lanciata dall’opposizione parlamentare. L’anonimo Bersani aveva dichiarato di comprendere le motivazioni della protesta, motivazioni che ovviamente risiedevano nell’esclusiva volontà di abbattere il Governo. Vendola e un redivivo Diliberto avevano fatto seguito: “La manifestazione è una spinta per lottare ancora di più contro Berlusconi e il suo Governo”. Immancabile Di Pietro, che profetizzava un mese fa: “Prima che ci scappi il morto, mandiamo a casa questo Governo” e dal Fli c’era chi sosteneva che la colpa del clima fosse dell’ectoplasma Berlusconi che non aveva mollato la presa. A questa operazione di falsificazione non ci stiamo. Innanzitutto la protesta doveva rimanere pacifica, come la maggior parte dei partecipanti voleva. In secondo luogo non bisogna mai dimenticare che le motivazioni della protesta, a livello mondiale, sono rivolte contro la grande finanza. Contro Draghi che “capisce” (o fa finta di capire?) e Soros che scende in piazza a Wall Street con i manifestanti (non è un refuso, è successo davvero!). Perché l’operazione che stanno mettendo in campo è semplice. Adesso montano la protesta, cercano di dimostrarsi dalla parte della povera gente, a difesa dei più deboli. Loro, i finanzieri e gli usurai di stato che hanno tentato, tentano e continueranno a tentare di arricchirsi sempre di più a scapito della povera gente. Per questo la protesta di Roma non ci è piaciuta. Da una lato, rafforza in noi la convinzione che, ancora una volta, in questo paese manchi l’unità persino nella protesta ma, dall’altro lato, dimostra come ancora sia immaturo il popolo trascinato nell’assurda polemica tra filo governativi e non mentre il paese crolla e il mondo cambia.

Roberto Della Rocca

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