Una suggestiva immagine della Biblioteca dei Girolamini
NAPOLI
– Gli appelli degli intellettuali, in genere, non ci piacciono, soprattutto
quando i cosiddetti intellettuali si ergono a giudici supremi di Cassazione
condannano uomini e situazioni senza processo e senza una chiara cognizione
delle problematiche reali. L’ultimo caso riguarda quello della Biblioteca dei
Girolamini, prestigiosa e storica istituzione culturale della città di Napoli,
custode di migliaia di volumi che ormai sono introvabili e che costituiscono il
Dna di questa capitale. A cura della biblioteca il Ministro dei Beni Culturali,
Lorenzo Ornaghi, ha nominato il professor Massimo Marino De Caro, nome che è
stato proposto dalla congregazione degli oratoriani che, guidata dal Reverendo
Don Sandro Marsano, gestisce il complesso storico e monumentale che annovera
oltre alla Cappella dell’Assunta e alla preziosa e adiacente chiesa, una
corposa collezione di quadri d’autore e la storica biblioteca da 150.000
volumi. Oggetto della contesa la nomina a direttore della Biblioteca offerta
dal Ministro Ornaghi a De Caro. Nomina che ha suscitato la solita levata di
scudi da parte di certi intellettuali, i quali, invece di pensare a come
migliorare la decadente cultura italiota (in particolare quella partenopea,
quanto mai fatiscente) si preoccupano di attaccare il Ministro, l’incaricato
Direttore della Biblioteca e gli oratoriano. Qual è la colpa massima di Massimo
De Caro? Quali sono le colpe degli oratoriani di Napoli? Andiamo con ordine.
Ad
attaccare pesantemente gli esponenti dell’istituzione partenopea sono stati,
tra i primi, Dario Fo e Franca Rame che hanno sottoscritto un appello cui
successivamente hanno aderito, una serie di ben pensanti e ben scriventi: Francesco
Caglioti, Gerardo Marotta, Nicola Capone, Mirella Barracco, Augusto de
Luzenberger, Cesare de Seta, Andrea Graziosi, Alberto Lucarelli, Paolo Macry, Paolo
Maddalena, Giulio Pane, Salvatore Settis, Giuliano Amato, Remo Bodei, Giulietto
Chiesa, Marcello De Cecco, Ennio Di Nolfo, Carlo Ginzburg, Tullio Gregory, Gioacchino
Lanza Tomasi, Gian Giacomo Migone, Alessandra Mottola Molfino, Lamberto Maffei,
Dacia Maraini, Stefano Parise, Adriano Prosperi, Stefano Rodotà, Raffaele
Romanelli, Oliviero Toscani, Gianni Vattimo, Rosario Villari, Giuliano Volpe, Gustavo
Zagrebelsky, Francesco Aceto, Giovanni Agosti, Alessandro Ballarin, Guido
Bastianini, Nicola Bonacasa, Piero Boitani, Lina Bolzoni, Sara Bonechi, Evelina
Borea, Edda Bresciani, Luigi Capogrossi Colognesi, Umberto Carpi, Costanzo Di
Girolamo, Bruno Figliuolo, Maria Pia Guermandi, Girolamo Imbruglia, Adriano La
Regina, Donata Levi, Daniela Manetti, Marilena Maniaci, Marcella Marmo, Daniele
Menozzi, Massimo Miglio, Nicolò Mineo, Tomaso Montanari, Salvatore Silvano
Nigro, Matteo Palumbo, Antonio Pinelli, Filippo Maria Pontani, Gabriella Prisco,
Amedeo Quondam, Anna Maria Rao, Andreina Ricci, Francesca Rigotti, Fiorella
Sricchia Santoro, Alfredo Stussi, Mario Torelli, Edoardo Tortarolo, Carlo Vecce,
Giovanni Vitolo e Fausto Zevi.
Gustavo Zagrebelsky
L’appello sottoscritto definisce la vicenda
della Biblioteca dei Girolamini un affare “stranissimo e increscioso” anche se
di strano e increscioso sono i termini utilizzati dagli intellettuali. Questi
signori della gauche caviar parlano di Marino Massimo De Caro, che per motivi
di chiarezza precisiamo non c’entri nulla con il Giornale del Sud, quasi come
di un analfabeta della materia. Affermano, Lorsignori, che De Caro “non ha i benché
minimi titoli scientifici e la benché minima competenza professionale per
onorare quel ruolo”. Eppure il curriculum pubblico del Mistero dei Beni
Culturali racconta una realtà diversa. De Caro non appare come un uomo di
cultura allo stato puro come i vari Fo, Rame e via dicendo, ma come una persona
normale che ha fatto anche politica. Accanto a questa attività che lo ha visto
eletto consigliere comunale ad Orvieto, De Caro è stato responsabile per le
Relazioni Pubbliche dell’Inpdap (Nord Est), rappresentante per l’Italia di
aziende impegnate nel campo delle rinnovabili come la Turbogenset e la Avelar
Energy, è Professore di Economia degli Investimenti in Arte presso il Master
Stedal dell’Università di Verona, Professore di Storia della Scienza presso l’Università
Abierta di Buenos Aires, e accanto a queste attività, di tutto rispetto, è un
noto bibliofilo e mercante di antiquariato librario. E’ stato anche oggetto d’interesse
per l’Arma dei Carabinieri il professor De Caro che era sospettato di aver
ricettato un prezioso incunabolo del 1499 sottratto ad una biblioteca di
Milano. L’indagine finì in un buco nell’acqua. L’incunabolo non venne mai
trovato e De Caro venne prosciolto da ogni accusa. Ma Lor Signori non si
accontentano e davanti al bivio tra innocenza e colpevolezza propendono per la
seconda delle ipotesi. De Caro, per loro, è stato un ladro più furbo dei
Carabinieri e ha nascosto il maltolto. Detto questo è opportuno farsi qualche
domanda anche sugli oratoriani che gestiscono il Complesso Monumentale.
Don Sandro Marsano durante una celebrazione
A capo
del gruppo vi è il ligure Alessandro Marsano che nel 2008 è arrivato a Napoli e
si è subito distinto per il suo attivismo ai vertici della struttura.
Praticamente abbandonato a se stesso da decenni, i Girolamini sono tornati, in
pochissimo tempo, a risplendere nel panorama culturale della città di Napoli. A
lui e a pochi altri suoi collaboratori si deve la rinascita del Complesso.
Arte, incontri letterari, visite guidate, concerti, convegni, celebrazioni
eucaristiche sempre più solenni e frequenti hanno animato e animeranno ancora
le strutture che si trovano proprio di fronte al Duomo di Napoli. Tutto
attivismo può aver dato fastidio, certo. Ma ancor di più, probabilmente, a
disturbare le delicate interiora dei signori intellettuali sono state le
posizioni politiche di De Caro e quelle religiose di Don Sandro. Massimo De
Caro è colpevole, davanti alla trojka rivoluzionaria intellettualoide, di
essere, udite, udite, amico di Marcello Dell’Utri, fedelissimo del Cavaliere
Nero di Arcore e noto ai più per le sue relazioni torbide con la mafia
siciliana (il tutto ancora completamente da dimostrare dopo la sentenza del
processo di appello che ha parlato chiaramente di indagine condotta con metodi
assurdi!!!). Quanto a Don Sandro, non avranno gradito i radical chic (una
piccola dose di progressismo ecclesiale ci vuole sempre!), la sua militanza a
favore della liturgia romana tradizionale, la valorizzazione dei principii
della dottrina sociale della chiesa proprio cari alla Tradizione Cattolica e,
last but not least, le molteplici prese di posizione politicamente scorrette a
favore dei principi non negoziabili su vita, famiglia e libertà educativa.
Tutto questo è valso a De Caro e Don Sandro la scomunica laica latae
sententiae, cosa che non li preoccupa minimamente. Più grave è l’aver creato un
vero e proprio caso mediatico sulla vicenda. De Caro è nella disponibilità di
personale del Ministero dei Beni Culturali e può ricoprire il ruolo che
Ornaghi, ascoltando il parere dei custodi, fruitori e animatori delle
strutture, gli ha destinato. Il caso per ora è esploso e la stampa si è
scatenata mettendo sul piatto della bilancia del giudizio la scomparsa di 1500
volumi che sarebbero spariti dalla Biblioteca. I detrattori di De Caro avanzano
il sospetto che possa essere lo stesso Direttore l’autore del furto in modo da
foraggiare il suo privato commercio. Don Sandro Marsano (che ha denunciato
furti precedenti il 2007) e lo stesso De Caro hanno respinto le accuse e
convocato una conferenza stampa che si
svolgerà giovedì alle ore 11.00 nel complesso dei Girolamini che sarà
visitabile per l’occasione dalle 9.30 alle 19.30, a disposizione del popolo
napoletano affinché possa rendersi conto direttamente della situazione. Di
questo vi daremo conto a conferenza avvenuta, in attesa di nuovi sviluppi della
vicenda che seguiremo con molta attenzione.
FAUSTO
DI LORENZO
Forse è ora di aggiornare questo post. E anche di controllare le fonti prima di scrivere.
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